sabato 13 dicembre 2014

Yoga E'...


Lalit ci ha raccontato di quando è diventato discepolo di Swami Veda Bharati. 'Avevo finito le scuole superiori ed era ora di pensare al futuro, visto il modo in cui ero stato allevato fino a quel momento e gli studi che avevo fatto, era scontato che avrei continuato sulla strada dello yoga. In quegli anni abitavo a Rishikesh, centro importante nel mondo dello yoga, casa di molti ashrams e grandi maestri. Volevo entrare tra i discepoli di Swami Veda Bharati, allievo di Swami Rama dell'Himalaya. Dopo diverse lettere e richieste a vuoto finalmente ottenni un'udienza. Il giorno dell' incontro mi feci cinque chilometri a piedi e nonostante il colloquio fosse fissato per le nove, arrivai con mezz'ora di anticipo. Per più di un'ora aspettai senza che nessuno mi dicesse nulla. Verso le undici mi feci coraggio e chiesi a un segretario se lo Swami sapesse che ero arrivato. Mi rispose di aspettare tranquillo il mio turno. Arrivò l'ora di pranzo, nell'aria si sentivano i profumi della cucina, diverse persone andavano e venivano ma nessuno mi chiedeva se volessi qualcosa da mangiare. Avevo fame, ero stanco, arrabbiato, ma continuavo ad aspettare. Verso le cinque il segretario arrivò e mi disse che lo Swami era pronto a ricevermi. Entrai baldanzoso nella stanza delle udienze e mi misi a sedere in loto (cretino che non ero altro!) davanti allo Swami. Lui mi chiese il motivo della visita, così gli spiegai con un giro di frasi ossequiose che ero lì perchè volevo iniziare a studiare con lui. Lui mi guardò per un po' e poi mi chiese 'Cos'è lo yoga?' La domanda era musica per le mie orecchie e immediatamente mi lanciai in una spiegazione degli otto arti, Patanjali e tutto il resto. Dopo che ebbi finito il mio monologo, Swami Veda mi benedisse e mi disse 'Torna domani.' Rimasi perplesso, ma sempre più convinto della mia scelta, feci come mi disse e il giorno dopo tornai, facendomi cinque chilometri a piedi e arrivando sempre con mezz'ora di anticipo. Come il giorno prima, rimasi ad aspettare fino a sera prima che lo Swami mi ricevesse. Come il giorno prima, arrivato il momento entrai e mi sedetti in loto davanti a lui per dimostrare quanto fossi bravo. Nuovamente lui mi chiese 'Cos'è lo yoga?' Esitai un attimo ma mi lanciai comunque nella spiegazione degli otto arti, ancora più dettagliatamente della prima volta. Lui aspettò che finissi e mi disse 'Torna la settimana prossima.' Sempre più perplesso, ma sempre più convinto di voler studiare con questo grande maestro, mi feci forza e mi preparai a tornare la settimana successiva. La cosa andò avanti per più di un mese, tornavo, ogni volta mi faceva la stessa domanda e io ogni volta gli davo la stessa risposta. Lui mi benediva e mi diceva di tornare dopo qualche giorno, dopo una settimana o quando fossi pronto. Un giorno decisi di prenderlo di sorpresa. Saputo che ogni mattina all'alba andava a passeggiare vicino al fiume, mi feci i cinque chilometri al buio e arrivai all'ashram poco prima del sole. Scavalcai il cancello ma atterrato dall'altra parte un cane da guardia mi attaccò e per sfuggirgli dovetti risaltare il cancello, perdendo una scarpa e cadendo malamente sui rovi. Con tutto quel rumore attirai l'attenzione degli abitanti dell'ashram che mi portarono dallo Swami. 'Vedo che sei arrivato presto stamattina, cosa ti è successo al braccio? E perchè hai una scarpa sola?' Non volendo fare la figura dell scemo gli raccontai una bugia. Lui non si scompose e mi chiese 'Allora, mi sai dire cos'è lo yoga?' In quel momento ebbi un'illuminazione! Mi inginocchiai ai suoi piedi e dissi 'Si Maestro, lo yoga è disciplina. Perdona la mia arroganza, per favore prendimi a studiare con te e insegnami tu cosa sia lo yoga.'
'Finalmente! E quanto ti ci è voluto per capirlo?'
'Sei settimane...'
'Bene. Mi dici adesso cosa ti sia successo e perchè hai una scarpa sola?'
Gli raccontai allora di quanto fossi stato sciocco a volerlo prendere in contropiede durante la sua passeggiata e ancora una volta chiesi scusa per la mia arroganza. Quel giorno, non solo mi prese tra i suoi allievi ma mi diede anche i soldi per comprarmi un altro paio di scarpe.












Il sutra, il filo rosso che durante la Pujia di apertura del corso mi avevano legato al polso sinistro, simbolo del mio impegno e di quello dei miei insegnanti, mi si è sfilato. Durante il viaggio di ritorno avevo chiesto a Lalit per quanto tempo avrei dovuto tenerlo e lui mi aveva risposto che sarebbe caduto da solo al momento giusto. Immaginavo si sarebbe rotto, ma invece è semplicemente venuto via, senza traumi, senza rimpianti. L'ho conservato in una scatola, ancora rosso e intero come il primo giorno. Tempo di concludere i post, tirando i fili conclusivi di questo percorso indiano. Vi rimando a uno dei post iniziali 'Yoga, perchè?' e saltati gli otto arti, mi rimetto all'esperienza del mio insegnante: Lo Yoga E' Disciplina. Prima di partire abbiamo imparato dell'esistenza degli otto arti e crediamo di sapere tutta la teoria. Abbiamo un carnet nutrito di asana, che sono la nostra sicurezza, la nostra presentazione. Il certificato è la nostra motivazione e ci incamminiamo, sicuri che qualunque cosa succeda in quel mese, arriveremo. Durante questo mese qualcuno ha lasciato a metà strada, altri sono arrivati alla fine e hanno rinnegato tutto il percorso, incapaci di aver a che fare con la disciplina ferrea che per quattro settimane hanno tollerato a denti stretti. Leggendo un capitolo per la classe di filosofia sono incappata in questa frase: 'Non lasciare che il frutto delle tue azioni sia la tua motivazione', Bhagavad Gita. In realtà non sai cosa sia motivazione fino a che non senti la sveglia suonare tutti i giorni alle 5,40, fino a che non passi un mese seduto per terra, senza mai appoggiarti nè stendere le gambe, con quaranta gradi e il sudore che ti cola lungo la schiena. A nessuno interessa quanti equilibri sulle braccia tu sappia fare nè se sei capace di chiudere un loto. Importa invece che tutti giorni ti alzi al suono di quella sveglia e arrivi pulito e con la divisa fresca alla lezione di mantra e pranayama, che rispetti le ore di silenzio, accetti le correzioni e i consigli che ti vengono dati nella guida di una classe, anche se è già il tuo lavoro. E' questo il ruolo del tuo insegnate, con l'esempio pratico, darti una disciplina che ti guidi nella vita di tutti i giorni e che ti sostenga nei momenti difficili, quando magari tutto intorno crolla. Se gli insegnamenti sono stati trasmessi nel modo giusto, avrai sempre un codice di comportamento a cui aggrapparti fino a che la tempesta sia passata. E alla fine del corso, quando ricevi quel certificato tra le mani come una sorpresa perchè già dalla fine della prima settimana ti eri dimenticato di quella che era la tua meta iniziale, un bravo maestro ti lascia libero. Sicuro degli strumenti che ti ha trasmesso, ti spinge a volare da solo, incoraggiando la tua indipendenza come allievo e come nuovo insegnate, divulgatore del suo lignaggio, ma con voce propria, in un rapporto all'insegna di fiducia e rispetto reciproci. Come il sutra che si scioglie, ma il cui significato profondo rimane: l'impegno a fare dello yoga uno stile di vita. 











Ringrazio tutti per la partecipazione, l'attenzione e il tempo che mi avete dedicato. Per i commenti lasciati su Blogger e Facebook, le mail, i messaggi su Whatsap, non immaginate quanto mi abbia dato coraggio la vostra presenza. E grazie anche ai lettori silenziosi, la cui vicinanza ho comunque sentito con me nel cuore. Questo è tutto, fino al prossimo viaggio. Buon Natale a tutti! Namastè.



martedì 9 dicembre 2014

If the mountain will not go to Lalit...



















Mi siedo al PC e comincio a scrivere crogiolandomi nella stabilità della connessione internet. So che non scomparirà sul più bello quando, dopo aver corretto l'ultima virgola, sarò pronta a pubblicare. Se i post dall'India hanno l'aspetto di pensieri scarabocchiati di getto senza riflettere troppo sulla forma, la colpa non è solo della montagna russa emotiva, ma anche e soprattutto della connessione ballerina.  Atterrati mercoledì notte dopo più di ventiquattrore, nelle quali siamo passati dai trenta e più gradi di Goa al freddino pre-natalizio di Cagliari, ci siamo ammalati entrambi. Il mio raffreddore estivo è sceso nei bronchi e dopo aver temporeggiato per tre giorni mi sono detta che nessuno mi avrebbe dato una medaglia per aver resistito all'antibiotico così sabato mattina alle 5,40, in preda a jetlag e attacco di tosse ho cominciato a curarmi. Giusto in tempo per l'inizio del seminario di ashtanga, poche ore dopo. Se la montagna non va a Maometto, Maometto andrà alla montagna: Lalit ci ha concesso qualche giorno del suo tempo per praticare insieme a noi, quelli che ormai chiama 'la sua famiglia italiana'. Per me è stato un atterraggio morbido, conclusione ideale del mese appena trascorso, una estensione della bolla yogica nella quale sono stata sospesa  per le ultime settimane. Ho aperto e trasformato casa in un ashram improvvisato, condividendo questi ultimi giorni con amici e compagni di cammino, di Cagliari e d' oltremare per praticare yoga e conoscere Lalit. Tre giorni di festa, circondata dal calore delle persone care che mi ha seguita fino in India e che ho poi trovato ad attendermi qui all'arrivo. Posso dire di essere atterrata solo oggi, con le lavatrici da fare, la roba che poco per volta recede nei cassetti e angoli in cui normalmente vive, l'albero di Natale e la spesa da organizzare e la ripresa dei corsi nei quali, per il mese di Novembre, Barbara e Alberto mi hanno generosamente sostituita (Namastè ragazzi, non so veramente come ringraziarvi _/\_ ). Alcune abitudini sono ancora quelle dell'India, le vecchie ancora difficili da riprendere. Le scarpe mi stanno strette, appena entro in casa le sfilo e le butto in un angolo, (per fortuna a lavoro sto scalza!), make up questo sconosciuto. Ci vorrà qualche giorno per lasciar sedimentare pensieri, sensazioni, e digerire il mese appena trascorso. Rimando l'ultimo post a quando sarò completamente sul fuso italiano.




mercoledì 3 dicembre 2014

Doha



























Riemergo in uno stato finalmente di veglia dopo la prima parte del viaggio nella quale ho camminato nel sonno. Normalmente sono una persona attenta, soprattutto quando viaggio, ma questa mattina (ieri notte?) alla partenza da Goa proprio non c'ero. Per fortuna avevo gli angeli custodi, Lalit e Maeve, che viaggiavano con me. Lasciato il centro a mezzanotte, siamo arrivati in aeroporto dopo un'ora di macchina. Questa volta ero preparata e non mi sono più sconvolta alla vista delle mucche per strada e dei villaggi di capanne al limite della giungla, almeno per i primi venti minuti, poi devo essermi addormentata. Arrivati in aeroporto, caos di macchine, gente e animali, ci siamo messi in fila per entrare. In India solo chi viaggia è autorizzato a entrare dentro l'aeroporto per cui il biglietto viene controllato all'ingresso. Passata Maeve, è stato il mio turno di mostrare il mio biglietto elettronico, che la poliziotta alla porta però non ha gradito. 'Il Suo volo non esiste, non può entrare.' Panico. Ho cercato di farle vedere che fosse tutto regolare, ma non ne voleva sapere. Dopo le prime due battute ero pronta a saltarle alla gola quando per fortuna è intervenuto Lalit che con le buone e il sorriso le ha fatto capire che si sbagliava. Siamo passati, ma a quel punto tra stanchezza e panico la testa non mi funzionava più. Lalit mi ha preso passaporto e biglietto (ebbene si, ho lasciato il passaporto nelle mani di qualcun altro!) e ha preso il comando, facendo lui il check-in e il controllo delle valigie ai raggi X, ridandomi i documenti solo al momento dei controlli di sicurezza. Non mi restava che seguirlo docile come una moglie indiana! Nella sala d'imbarco mi sono bruciata con il caffè bollente che ho offerto con le mie ultime rupie e Maeve mi ha fasciato la mano con la sua sciarpa dopo averla bagnata d'acqua fredda. Mentre, finalmente un po' più presente, ma mica tanto, sorseggiavo il caffè bollente seguito da un Mars (che solo in momenti di estrema debolezza in vita mia mi sono concessa, ricordo uno degli ultimi durante una camminata di un giorno in Nuova Zelanda ad Abel Tasman Park), ho visto un ratto enorme che girava sotto le sedie. In momenti migliori sarei schizzata via insieme alla tazza di caffè, oggi sono rimasta impassibile. Il primo volo è passato in uno stato di dormiveglia, siamo arrivati a Doha senza che me ne rendessi conto. Maeve ci ha lasciati di corsa per prendere la coincidenza per Londra, io e Lalit avevamo sei ore da aspettare per il volo per Roma. Stavo per rassegnarmi a passare il tempo su una panchina, ma il mio compagno di viaggio è per fortuna più sveglio (in tutti i sensi) di me, 'Sei matta?! Vediamo se ci danno una stanza!' E ovviamente aveva ragione lui. Ufficialmente Qatar Airways passa in cima alla lista delle mie compagnie aeree preferite, camera e colazione, courtesy della compagnia aerea che si scusa per la lunga attesa della coincidenza. Dopo aver dormito tre ore, fatta doccia e colazione, finalmente ci sono. Ovviamente il risveglio ha anche portato come controindicazione il rendersi conto, in un ambiente come questo dopo un mese di giungla, quanto i miei vestiti siano sporchi e di quanto urgente bisogno ho di andare ad aggiustarmi i capelli. Pellegrina ma riposata mi appresto a iniziare la seconda parte del viaggio di ventiquattro ore che porterà me e Guruji a Cagliari!

lunedì 1 dicembre 2014

Graduation!

























Finito! Sono ufficialmente un'insegnante di ashtanga yoga. Ultima prova pratica questa mattina, aperta da Pema in maniera inaspettata, con un riscaldamento che senza accorgercene, con qualche pennellata della sua fantasia e grande sensibilità ha trasformato in una danza indiana. Uno di quei momenti di puro genio quando movimenti ripetuti centinaia di volte prima, con un ritmo diverso e qualche piccolo cambiamento si trasformano completamente. La classe ha reagito con una bella risata catartica, compresi noi, compagni di esame che non sapevamo nulla delle sue intenzioni. Da lì l'energia è salita, dimenticate le ossa rotte delle prove di esame precedenti in cui tutti a turno ci siamo prestati a fare da cavie, siamo riusciti a mettere insieme una classe dinamica che tutti, insegnanti compresi, hanno apprezzato. La sessione si è conclusa con Simone alla guida, che ha finito con venticinque respiri in loto e massaggio al momento del rilassamento che in occasione dell'ultima pratica, abbiamo ripetuto ciascuno su due compagni, cercando di 'spread the love' e ringraziarli per essersi prestati ad essere aggiustati e tirati nelle posizioni. Dopo colazione c'è stata la puja, la cerimonia finale condotta dal sacerdote bramino, che ha ufficialmente concluso il TT200. A fine mattina c'è stata la consegna dei diplomi e ciascuno ha ricevuto un feedback scritto individuale, dettagliato, con tanto di voti e commenti personalizzati. Ho scorso il mio in fretta, scannerizzando il documento per parole chiave, cercando conferma di punti di forza e rassicurazione per quelli deboli. Alla fine una frase che ha avuto un eco profondo dentro di me 'Da parte di tutto il team, grazie per aver messo da parte tutto quello che sai, la tua conoscenza chiaramente profonda della materia, e di aver accettato per tutta la durata del corso di essere plasmata da zero.' E' stato come se un macigno mi venisse sollevato dal cuore, o dallo stomaco, (qualcosa a che fare con anahata chakra comunque!), mi sono sentita libera. Non mi ero accorta durante tutto il mese di quanto sia stato difficile mettere da parte l'ego, anzi dimenticarmelo proprio, e accettare correzioni e cambi di prospettiva. Situazioni in cui sapevo benissimo che un aggiustamento di una postura o l'uso di una tecnica fosse corretto perchè già imparato da un ottimo maestro, ma che non corrispondeva al protocollo a cui ci hanno chiesto di attenerci alla lettera. A volte per distrazione, altre per esasperazione, per ego, per desiderio di affermare la mia individualità, ho ripetuto gesti abituali, che uso quotidianamente nel mio lavoro di insegnate di yoga, e sono stata corretta, riportata sugli schemi di Himalaya Yoga Valley. Una 'correzione sul corretto', che sul momento ho accettato di buon grado, senza rendermi conto di quanto mi pesasse abbassare la testa e ricominciare. Uno di quei casi in cui quando ti trovi in una situazione, stringi e denti e vai avanti, ma quando finisci e ti guardi indietro ti rendi conto di quanta fatica ti sia costato percorrere quella strada.
Dopo la consegna dei diplomi, lacrime, foto e abbracci, ci siamo sparpagliati per il villaggio, alcuni alla ricerca degli ultimi raggi di sole prima di tornare alla neve di casa, altri a fare gli ultimi acquisti, una minoranza alla ricerca di fresco, riposo e una connessione internet. Con un mal di testa feroce scrivo queste prime impressioni da 'post-graduate' mentre Pema disegna affianco a me e John e Adam suonano seduti al tavolo vicino, con Klara, Doris e Marianne sdraiate su divani e cuscini per terra. Con il sole spero se ne andrà anche il mal di testa, questa sera festeggiamo da Cafè Nu, un locale fino ad oggi considerato fuori dalla portata delle nostre tasche (15E per una cena contro i 4E degli altri posti). Molti giurano che sarà la fine della dieta alcool-free a cui ci siamo di buon grado impegnati durante questo mese. Un primo passo verso il ritorno alla vita normale.Ancora trentasei ore e sarò sulla strada di casa :-)  




sabato 29 novembre 2014

Snapshots


















Photo by Klara Ka

Finito oggi il secondo e ultimo 'Knowledge Check', un esame scritto a trecentosessanta gradi su quello che abbiamo studiato fino ad ora. Rimane l'ultimo round di prove pratiche, che stiamo affrontando divisisi in gruppi di dieci alla volta. Ancora un paio di giorni e arriverà il tanto sospirato momento del diploma. Domani mezza giornata libera, ma domenica sarà giornata piena, di ore di lezione e di studio. Questa sera per celebrare, per una volta disertato Kathmandu, abbiamo occupato il cortile del ristorante tibetano su Beach Street, una casa in cui al primo piano vive una famiglia che qualche giorno a settimana apre il cortile per accogliere chi voglia mangiare con loro. Tre tavoli comuni, bassi come sempre da queste parti, circondati da divani senza spalliera, ricoperti di stoffe rosse, verdi, gialle e cuscini con ricami dorati. Alberi di banane e altre piante tropicali spuntano a caso dal cemento irregolare del pavimento ricoperto di stuoie. Sulla testa un pergolato di rampicanti, non troppo efficiente per ripararci dall'umidità della notte, ma sicuramente molto suggestivo. Entriamo scalzi nel giardino, le scarpe si lasciano sulla strada prima di varcare l'ingresso come al solito. Ci accomodiamo a gambe incrociate, sui divani bassi o per terra, schiena dritta senza cercare appoggi. Le sedie fanno parte di una quotidianità alla quale dovremo riabituarci una volta tornati alla vita normale, in India non esistono. Il clima è allegro, aria da ultimi giorni di scuola. Mi mancheranno questi compagni di viaggio, ormai diventati una famiglia. Li guardo e sorrido ripensando a frasi sentite qua e là e momenti vissuti insieme durante questo mese, situazioni di ordinaria amministrazione qui dentro, ma che fuori sono da manicomio. Adam in un confuso stupore notturno, 'Michael mi ha svegliato all'una, convinto che fossero le 6,20. Mi sono buttato giù dal letto pensando 'Shit, I'm gonna be late for meditation!'' Klara, che durante un esercizio a due con aria di sognante ammirazione mi dice 'Darei qualunque cosa per avere i tuoi bicipiti femorali...' complimenti da yogi! La voce potente con marcata inflessione dublinese di Niamh che entra dalla finestra appena aperta alle cinque del mattino, mentre ripassa il saluto al sole, fuori buio pesto e canto dei grilli, 'INHALE raise your hands above your head, EXHALE fold on your knees.' Simone, di padre irlandese e mamma giamaicana, nata e sempre vissuta a Londra della quale ha un inconfondibile accento che però riesce a colorare di verde e arancione quando imita Niamh che studia il saluto al sole nel cuore della notte 'INHALE raise your hands above your head... 'Non è alle 5 del mattino quando suona la sveglia che mi disturba, ma quando mi tiene sveglia all'una di notte, ''ain't it babe?' '
Cose che non mi mancheranno: i silenzi del giovedì. Trasportare le damigiane d'acqua da cinque litri e ogni sera travasare le dosi giornaliere nella bottiglia che mi porto sempre dietro e in quella che uso per lavarmi i denti. Lavare i vestiti nel lavandino. A questo punto le divise hanno un colore giallo marroncino e sono veramente inguardabili: di tre set ciascuno, stiamo tutti cercando di combinare i pezzi meno sporchi per il giorno del diploma. La terra rossa, che vola in continuazione, ti si attacca alla pelle e ai vestiti e la sera te la devi lavare di dosso. La vedi colare con l'acqua della doccia insieme alla stanchezza della giornata. Cose che invece mi mancheranno: quella stessa terra rossa, esotica e prepotente, ma allo stesso tempo rassicurante, che riempie lo sguardo e scalda il cuore. Ti da il benvenuto il momento che atterri e lo rinnova ogni giorno quando ci cammini sopra quasi scalza, come unica barriera le ciabatte. Chiedo scusa in anticipo a chi verrà alle mie lezioni tra due settimane, non ho idea di quente pedicures ci vorranno per eliminarla dai miei piedi. Il sole al tramonto, che non sono ancora riuscita a fotografare come merita perchè a quell'ora siamo sempre nella shala. Nei giorni prima di ripartire mi metterò d'impegno per catturarlo almeno una volta e spero di rendergli giustizia. Non ho mai visto un sole così, nè in Australia, nè in Sardegna che è comunque famosa per i tramonti. Qui ha dimensioni enormi, verso le sei di sera diventa una palla arancione dai contorni incredibilmente definiti, si tuffa nel mare e sparisce in pochi minuti. Il buongiorno silenzioso nel sorriso di Pema quando ci incontriamo uscendo di casa alle sei del mattino, avvolte negli scialli colorati, per andare alla prima classe della giornata. Camminiamo fianco a fianco senza dire una parola, consapevoli della reciproca presenza amica ed energia positiva che ci tiene compagnia. Dopo il rientro ci vorrà qualche giorno per rientrare nella vita di prima e cercare di incorporare almeno parte della routine indiana a quella di casa.   


giovedì 27 novembre 2014

Periodo di esami



















Ci avevano avvisato che questa settimana sarebbe stata dura e la promessa è stata decisamente mantenuta. Sono giornate di quattordici ore di lezione, seguite da ore di studio con relazioni da scrivere e prove pratiche di esame da preparare, il resto del tempo a malapena sufficiente per mangiare e dormire. In questo momento dovrei studiare per il 'knowledge check' finale, un compito che abbraccia tutte le materie, da asana a filosofia, sanscrito, anatomia, ayurveda, etica, sequencing, class management e sicuramente mi dimentico qualcosa già nell'elenco. E' incredibile come a questo punto tutto si stia unendo e tutte le nozioni ricevute stiano andando e completare l'immagine intera. Di ogni postura studiata conosciamo l'anatomia, indicazioni terapeutiche e controindicazioni, sia del corpo fisico, muscolatura e articolazioni, effetto su organi interni e sistema nervoso, che di quello sottile, chakras e tipo di energia stimolati. Sempre di meno gli asana hanno l'aspetto del fitness e sempre più assumono invece forma terapeutica. Ho deciso di concedermi un'ora per scrivere qui, come premio per aver superato bene la prova pratica di oggi in cui ho guidato parte della sequenza per tutta la classe e aggiustato ogni singola postura, dall'inizio alla fine, sotto gli occhi di cinque insegnanti. Il primo pensiero che ho avuto durante il feedback finale è stato di gratitudine. La prima frase è stata 'very strong and solid knowledge of vinyasa', conoscenza sicura e profonda del vinyasa, il movimento unito al respiro che è il cuore della pratica ashtanga, senza vinyasa non c'è ashtanga. Grazie Roberto e Steve che me l'avete trasmesso così bene, martellato e corretto fino a farmelo sognare la notte, Namastè teachers.
La settimana è solo a metà ma adesso vedo la fine del corso e mi rendo conto che il giorno del diploma è vicino. Oggi ho realizzato di lavare per l'ultima volta un paio di leggins, che comunque sempre teniamo sotto i mutandoni del nonno, d'ora in avanti i cambi mi basteranno fino alla fine e tornerò a casa con una valigia di roba sporca. Le prove pratiche di insegnamento sono cominciate già dalla settimana scorsa, prima a due, poi a gruppi di sei o sette, fino ad arrivare oggi alla classe intera. Vuol dire fare da cavie a chi sta imparando a guidare, fermarsi quando la guida si inceppa, aspettare pazientemente in posizioni di forza, equilibrio, torsioni e allungamenti che la guida si sblocchi, a volte per più del doppio del tempo normale. Il respiro scappa da tutte le parti e, aggiustato in ogni singola postura e portato al limite della tua flessibilità in ogni asana, finisci dolorante e stanco. Quattro, cinque giorni di questo tipo di lavoro e ti senti come se ti fosse passato sopra un carro armato. Sarà che sono stanca e ho le difese un po' basse, ma nonostante i quaranta gradi di mezzogiorno sono riuscita a prendermi un raffreddore con relativo mal di gola. Questa mattina stavo per saltare la pratica. L'idea di sudare e poi raffreddarmi in queste condizioni non mi faceva saltare di gioia, ma qui non accettano giustificazioni come a scuola. Guidava Lalit, che all'inizio della classe ci ha annunciato 'una bella pratica energizzante.' Ho pensato, 'Bene, muoio qui.' E invece una volta cominciato, il flusso del vinyasa ha preso il comando e sono arrivata fino alla fine passando per equilibri sulle braccia, archi e inversioni. Alla fine il respiro era libero, i nodi accumulati nei giorni precedenti sciolti e stavo decisamente meglio. A fine lezione, ampio sorriso dolce e testa dondolante, Lalit ci ha detto 'Coraggio, ancora pochi giorni e poi non dovrete più rivedermi. Lo so che al momento mi odiate, ma non me la prendo, darvi disciplina è il mio lavoro. Vi amo tutti!' Sopravvissuta all'ashtanga, tornando alla shala dopo colazione ho incontrato il secondo serpente del mese in India (l'ultimo? Serpente, non mese). L'ho visto strisciare veloce davanti a me sul sentiero, mentre rincorreva un topolino che è riuscito a scappargli. E' rimasto dritto verticale per metà della sua lunghezza, a guardarsi intorno come indeciso sul da farsi. Mi sono congelata. Non era vicinissimo, ma ho visto quanto si muovesse velocemente. Dopo avermi osservata per un po' deve aver deciso che non fossi il suo tipo ed è scivolato via tra i cespugli. Mi viene in mente uno dei primi giorni quando Patricia, attrice di professione che deve essersi divertita parecchio negli anni settanta, aveva chiesto se avesse potuto andare a sedersi sotto un albero per fare meditazione e la risposta di Maeve non aveva lasciato spazio a discussioni, 'Assolutamente no. Non puoi mai sapere cosa ci sia tra i cespugli, anzi è meglio non saperlo. E infatti vi avviso, camminate sempre sui sentieri.' E da lì nessuno ha più sconfinato in territorio altrui. Sarebbe bello se i serpenti facessero altrettanto e ci ricambiassero la cortesia!

domenica 23 novembre 2014

Arambol



















Week-end! O per lo meno il poco che ci lasciano. Arambol, luogo di perdizione, mi ha vista sia sabato sera che domenica mattina. Per quanto mi riguarda è paradiso dello shopping, in due visite non ho visto nulla di pericoloso o poco sano. Camminando per le strade si respira sicuramente un'atmosfera rilassata, insieme all'occasionale zaffata di canna. Diversi occidentali in giro, molte giovani famiglie, con dread locks e neonato in braccio, ma sembrano abitanti stanziali del posto piuttosto che turisti. Ci siamo avventurati oltre la strada del mercato e girato per i vicoli in terra battuta tra le casette fatiscenti e coloratissime, dove le signore in sari stavano sedute sulla porta di casa aperta e gatti, cani e mucche giravano liberamente. Il primo giro l'ho fatto sabato sera con Katrina e Simone, in due ore abbiamo contrattato e svaligiato mezzo mercato, entrando e uscendo metodicamente dai negozi, scalze, ciabatte alla porta. Singing bowls, incenso, magliette, pantaloni, bracciali, libri, coperte tibetane sono solo alcune delle cose con cui siamo uscite, per una volta abbandonando la divisa del monaco e rimettendoci nei panni di donne europee. Tornando a Mandrem, il nostro tassista ci ha deliziate con hindi-pop al ritmo del quale insieme a lui abbiamo cantato e ballato, 'I am a disco-dancer' era l'unica frase in inglese che si riuscisse a capire. Prima di rientrare ci siamo fermate al Kathmandu per noodles e Wifi. Questa mattina, finita la relazione di filosofia da consegnare in settimana, pronta per una pratica solitaria mi incamminavo verso la shala quando ho incontrato Adam e Klara che si mettevano in cammino per Arambol. Non c'è voluto molto per traviarmi. Siamo scesi sulla spiaggia e abbiamo percorso la distanza tra Mandrem e Arambol camminando sulla battigia e chiacchierando. E così ho visto il mercato di giorno e ovviamente con la luce nuove irresistibili meraviglie si sono palesate. La parte più bella di questa seconda visita è stata la conoscenza con Sanjeev, istruttore di yoga e mercante di artigianato locale che era stato sia a Cork che all'isola della Maddalena, in Sardegna. Ci ha tenuti a chiacchierare per un'ora offrendoci un masala chai e senza cercare di venderci nulla. Devo dire che nonostante fossi prevenuta, Arambol mi è piaciuta molto, decisamente un bel posto da visitare venendo a Goa. Al ritorno, cotta dal sole ma felice, mi sono fermata a dormire sotto l'ombra di Jean e Lindsey che forse più saggiamente hanno passato la giornata a recuperare le forze stese in spiaggia. A fine serata mi sento come se avessi fatto due ore di asana, l'idea della sveglia alle 5,30 domani mattina mi spaventa più del solito. Ci hanno detto che la quarta settimana sarà lunga come un mese intero. Lo shopping mi ha tolto la concentrazione, speriamo di reggere.








sabato 22 novembre 2014

Us, society yogi




















Il felino è una tigre dai denti a sciabola, finalmente riesco a vederlo, e ogni notte a turno sta facendo il giro di tutte le case andando ad annoiare i compagni. Ieri mattina a colazione Adam mi si è avvicinato e rompendo il silenzio mi ha detto 'senti, gli metti un guinzaglio a quella bestia per favore?! Ieri notte è venuto a svegliare me! E in vita mia non ho mai sognato gatti!' Ormai quasi tutti lo conoscono e concordano che faccia una certa paura ma non sia cattivo.
E' periodo di esami e relazioni da consegnare, da qui fino alla fine della prossima settimana quasi ogni giorno c'è una scadenza e le ore sia di lezione che di studio stanno aumentando proporzionalmente. Passata bene ieri la prima prova di anatomia, grazie anche alle mie bellissime amiche e colleghe Angela e Barbara le quali, saputo che dovevo presentare Sarvangasana (la candela), mi hanno mandato via whatsap le relative pagine del libro di anatomia dello yoga. Le ho trovate inaspettatamente come un aiuto dell'universo appena sono entrata in zona Wifi, poco prima dell'esame. Questa mattina è stato il mio turno di guidare la classe nel canto dei mantra e gli esercizi di pranayama, da domani cominciano le prove pratiche di insegnamento. Per me vuol dire dimenticarmi come si guida una sequenza in italiano e re-impararlo in inglese. Stessi movimenti, stessi respiri, ma parole completamente diverse. E' come recitare una poesia, un mantra con la sua cadenza che deve essere sempre quella, sempre esatta, non posso tradurre, devo re-imparare da zero. Non è facile, mi sento goffa e inciampo nelle parole, come essere tornata all'inizio del primo corso insegnanti. Le giornate sono scandite dalle ore di studio e raramente mettiamo il naso fuori dalla scuola. La gente del villaggio è abituata a noi. Himalaya Yoga Valley è a Mandrem da più di dieci anni e tutti sanno che molti degli stranieri ruotano intorno allo yoga. Ci sono anche molti turisti che vengono qui semplicemente in vacanza, per lo più russi al momento. Arambol, il villaggio vicino è famoso per essere meta di vacanzieri in carca di droga e uno stile di vita da figli dei fiori. Ogni tanto capita che camminando per strada qualcuno in scooter si fermi e ti offra un passaggio per Arambol, dando per scontato che sia quella la tua meta. Quando siamo in borghese e giriamo in havaianas e shorts mescolandoci ai turisti, gli abitanti locali sono gentili, amichevoli. Con il sorriso sulle labbra ci invitano a entrare nei loro negozi e cercano di venderci vestiti in stile hippie e pezzi di artigianato vario. Se siamo di buon umore, lasciamo le ciabatte fuori ed entriamo a contrattare i prezzi di quello che ci interessa, alla fine comprando sempre qualcosa. L'usanza qui è che dappertutto si entri scalzi, anche nei negozi e locali pubblici, compresi supermercati ma anche bancarelle al lato della strada con il pavimento di stuoia sulla terra battuta. In settimana a volte capita di uscire durante una pausa per andare a fare qualche operazione veloce, comprare acqua o prelevare soldi al bancomat. Le pause sono brevi e le commissioni di corsa, per cui spesso usciamo senza cambiarci, indossando ancora la divisa. La maglietta va bene, si può portare, a casa la userò almeno per dormire, ma i pantaloni sembrano i mutandoni del nonno e starebbero male anche a Miss India. Non vedo l'ora di bruciarli. E' incredibile però come questa divisa cambi l'atteggiamento della gente nei nostri confronti: comanda rispetto. Quando siamo in divisa ci venerano. Faccio fatica ad abituarmi, ma per loro chi pratica ashtanga yoga è quasi un santo. Questo perchè a differenza degli occidentali hanno ben presente gli otto arti e sanno che yoga non è un esercizio acrobatico ma una disciplina ferrea, che qui non associano all'uomo comune ma all'asceta. Asana è solo uno degli arti, l'unico che in occidente viene identificato come yoga, quando invece il cuore dello yoga sono Yamas e Niyamas, un codice di comportamento che dovrebbe regolare tutti gli aspetti della nostra vita, al di fuori della pratica. E che portati a livelli estremi conducono a uno stile di vita monacale.  Il controllo del respiro, pranayama, è quello che dovrebbe guidare la pratica fisica degli asana che a loro volta non sono mai fine a se stessi, ma diretti a purificare non solo la muscolatura interna e profonda, ma anche organi interni e mente. Nel corso delle nostre vite, ogni volta che passiamo attraverso un'esperienza spiacevole, un dolore, un danno, cerchiamo di superarlo seppellendolo nel corpo e fino a che non andiamo a stanarlo con una pratica consapevole, lì rimane a condizionare il corso della nostra vita, spesso fino alla fine. Gli asana e il pranayama vanno a sciogliere quei nodi e ci liberano. Ecco perchè spesso la pratica scatena delle reazioni emotive inaspettate. In questo mese stiamo sperimentando tutto questo sui nostri corpi. Certamente tanti sono arrivati qui senza avere idea di cosa li aspettasse e quanto questa esperienza li avrebbe portati in un viaggio all'interno di se stessi. E   poi ci sono anche i momenti di leggerezza, come la mucca che un giorno a sorpresa pascola nel giardino di casa e qualcuno non si fa sfuggire l'occasione per un selfie a tema in 'cat-cow pose'.   

mercoledì 19 novembre 2014

Ninja


























Oggi la giornata è iniziata meglio del solito. Spostando i cuscini impilati in un angolo della shala, in silenzio come al solito a quell'ora del mattino, dal mio angolo nella parte opposta si è sentita una certa commozione, 'C'è un serpente!' Mi sono girata in tempo per vederlo, acciambellato e un po' impaurito, ma non per fotografarlo. Lalit non si è scomposto 'State calmi, non è un dramma! Spostate le ultime file di tappetini in avanti e continuate a praticare.' Mi è venuta la ridarella isterica ma come il resto della classe ho continuato la mia sequenza fino a che è arrivato Sunil che ha catturato il serpente con un secchio e l'ha portato via. Velenoso? Oh YES! Ma non 'troppo letale' secondo Yogita, la nostra insegnante di mantra e meditazione. Terza settimana e come promesso il livello di pratica è ancora più alto. Archi, inversioni, equilibri sulle braccia sono diventati ordinaria amministrazione. La cosa strana è che non sentiamo più nè il caldo nè la fatica, più lavoriamo e meglio ci sentiamo. Finire con i vestiti bagnati addosso è la normalità, tempo per una doccia, un cambio e si ricomincia. Già dalla settimana scorsa abbiamo iniziato i kryias, tecniche di pulizia interna, parte del processo di purificazione di corpo e spirito. Infili il beccuccio di un piccolo innaffiatoio (neti pot) in una narice e versi acqua tiepida salata che, se respiri nel modo giusto, esce a cascata dall'altra narice pulendo bene i canali. Finisci con una tecnica ancora più estrema, infilando un piccolo catetere bagnato con olio di senape a turno in una narice alla volta e lo fai uscire dalla bocca. Vi vedo fare EWWWWW ma vi garantisco che dopo queste due operazioni hai una libertà di respiro che ti sembra di avere due polmoni da apneista in aria di alta montagna! E a libertà di respiro corrisponde chiarezza di pensieri. La meditazione non va. Il felino non ruggisce più ma alternativamente canta canzoni stupide solo per farmi indispettire o si siede zitto e mi da le spalle, è maleducatissimo. Nelle lezioni di ayurveda il medico ci ha fatto l'analisi costituzionale, basate sul principio che in ciascuno di noi si trovano 5 elementi: fuoco, aria, spazio, acqua e terra. Io sono risultata fatta di fuoco e aria. La mia meditazione è in movimento e questa è la ragione per cui mi trovo così a casa nell'ashtanga yoga, movimento unito al respiro che fa da collegamento tra corpo e mente, così si che riesco a concentrarmi ed estraniarmi. Dammi quindici ponti, un'ora di pratica a quaranta gradi e un catetere da infilarmi nel naso e va benissimo, ma seduta per mezz'ora a occhi chiusi impazzisco. Chakra, è una parola che fino a qualche settimana fa mi dava l'orticaria. Unicamente perchè quello che avevo sentito fino a quel momento era circondato da un'aura new age senza sostanza, qui finalmente riesco a dare un senso alla parola, senso sia logico che empirico. Sono punti nevralgici di energia, incontro di 'nadi', le vene e i capillari attraverso i quali scorre la nostra energia vitale, e corrispondono alle principali ghiandole endocrine. I chakra sono infatti le ghiandole endocrine del nostro corpo immateriale e ciascuno presiede a determinate caratteristiche di personalità. Come le ghiandole endocrine possono funzionare male, in eccesso o in difetto, determinando degli squilibri nel nostro carattere e nella nostra vita. Possono essere riequilibrati dalle posture di yoga, delle quali ciascuna va ad agire in modo diverso su questi punti nevralgici. Su sette, quattro mi funzionano benissimo, due in difetto e uno non è pervenuto. E' incredibile come abbia constatato che le cose che non vanno bene in me siano precisamente riconducibili a quei due chakra pigri, così come le posture che mi costano di più, le più faticose, quelle che quando stanno per arrivare nella sequenza mi dico 'NO, che strazio!' siano proprio quelle indicate per stimolarli. Il silenzio del giovedì pesa, arriviamo a sera di malumore anche se basta poco per tirare fuori una risata. John: 'Pensavo oggi che fino ad ora ho avuto al massimo una donna per volta che non mi parlasse, adesso ne ho trenta!' Il clima con i compagni è bello, ma su trenta il gruppo per quanto mi riguarda è diviso in tre: le persone con cui mi trovo bene, quelli che ci fossero o meno non cambierebbe niente e quelli con i quali si starebbe meglio se non ci fossero. Non grandi cose, semplicemente sensibilità diverse, attenzione per il prossimo, piccole cose che però nella vita in comune hanno un peso. Ci sono 'Le bionde', nordiche, tutte uguali, sempre zitte, vanno per la loro strada e non guardano nessuno in faccia. Per un po' pensavo fossero la stessa persona e me la ritrovavo sempre tra i piedi, a sgomitare al rubinetto del tè chai, allo scaffale dove mettiamo le borse nella shala, di fronte al mucchio dei tappetini, dovunque mi girassi c'era una bionda che mi rallentava. Ho impiegato una settimana a capire che fossero sei, come si chiamino ancora non lo so. Anche gli amici sono sempre tra i piedi, per fortuna. La domenica a qualunque ora del giorno trovi qualcuno al Cafè Kathmandu, per mangiare qualcosa ma anche per studiare. Ci sistemiamo sui cuscini per terra nella casa sull'albero e riempiamo i tavolini dei nostri libri e appunti. Stiamo lavorando alle relazioni finali e c'è tanto da scrivere. Ci sono prese per i computers e Wifi che funziona a tratti. Arriviamo indipendenti, ciascuno secondo i propri orari, e poco per volta i nostri bicchieri di mango lassi, chai e insalate di frutta finiscono di riempire lo spazio lasciato dai libri. Prima o poi ci ritroviamo tutti lì e con il buio i fili di luci colorate si accendono e John e Adam tirano fuori chitarre e strumenti vari la cui collezione aumenta ogni volta che vanno a fare un giro nel villaggio. Dopo un po' anche i ragazzi che gestiscono il locale si uniscono a noi e diventa una vera e propria festa. Credo che il TT di Novembre lascerà un vuoto importante al Kathmandù :-)