sabato 29 novembre 2014

Snapshots


















Photo by Klara Ka

Finito oggi il secondo e ultimo 'Knowledge Check', un esame scritto a trecentosessanta gradi su quello che abbiamo studiato fino ad ora. Rimane l'ultimo round di prove pratiche, che stiamo affrontando divisisi in gruppi di dieci alla volta. Ancora un paio di giorni e arriverà il tanto sospirato momento del diploma. Domani mezza giornata libera, ma domenica sarà giornata piena, di ore di lezione e di studio. Questa sera per celebrare, per una volta disertato Kathmandu, abbiamo occupato il cortile del ristorante tibetano su Beach Street, una casa in cui al primo piano vive una famiglia che qualche giorno a settimana apre il cortile per accogliere chi voglia mangiare con loro. Tre tavoli comuni, bassi come sempre da queste parti, circondati da divani senza spalliera, ricoperti di stoffe rosse, verdi, gialle e cuscini con ricami dorati. Alberi di banane e altre piante tropicali spuntano a caso dal cemento irregolare del pavimento ricoperto di stuoie. Sulla testa un pergolato di rampicanti, non troppo efficiente per ripararci dall'umidità della notte, ma sicuramente molto suggestivo. Entriamo scalzi nel giardino, le scarpe si lasciano sulla strada prima di varcare l'ingresso come al solito. Ci accomodiamo a gambe incrociate, sui divani bassi o per terra, schiena dritta senza cercare appoggi. Le sedie fanno parte di una quotidianità alla quale dovremo riabituarci una volta tornati alla vita normale, in India non esistono. Il clima è allegro, aria da ultimi giorni di scuola. Mi mancheranno questi compagni di viaggio, ormai diventati una famiglia. Li guardo e sorrido ripensando a frasi sentite qua e là e momenti vissuti insieme durante questo mese, situazioni di ordinaria amministrazione qui dentro, ma che fuori sono da manicomio. Adam in un confuso stupore notturno, 'Michael mi ha svegliato all'una, convinto che fossero le 6,20. Mi sono buttato giù dal letto pensando 'Shit, I'm gonna be late for meditation!'' Klara, che durante un esercizio a due con aria di sognante ammirazione mi dice 'Darei qualunque cosa per avere i tuoi bicipiti femorali...' complimenti da yogi! La voce potente con marcata inflessione dublinese di Niamh che entra dalla finestra appena aperta alle cinque del mattino, mentre ripassa il saluto al sole, fuori buio pesto e canto dei grilli, 'INHALE raise your hands above your head, EXHALE fold on your knees.' Simone, di padre irlandese e mamma giamaicana, nata e sempre vissuta a Londra della quale ha un inconfondibile accento che però riesce a colorare di verde e arancione quando imita Niamh che studia il saluto al sole nel cuore della notte 'INHALE raise your hands above your head... 'Non è alle 5 del mattino quando suona la sveglia che mi disturba, ma quando mi tiene sveglia all'una di notte, ''ain't it babe?' '
Cose che non mi mancheranno: i silenzi del giovedì. Trasportare le damigiane d'acqua da cinque litri e ogni sera travasare le dosi giornaliere nella bottiglia che mi porto sempre dietro e in quella che uso per lavarmi i denti. Lavare i vestiti nel lavandino. A questo punto le divise hanno un colore giallo marroncino e sono veramente inguardabili: di tre set ciascuno, stiamo tutti cercando di combinare i pezzi meno sporchi per il giorno del diploma. La terra rossa, che vola in continuazione, ti si attacca alla pelle e ai vestiti e la sera te la devi lavare di dosso. La vedi colare con l'acqua della doccia insieme alla stanchezza della giornata. Cose che invece mi mancheranno: quella stessa terra rossa, esotica e prepotente, ma allo stesso tempo rassicurante, che riempie lo sguardo e scalda il cuore. Ti da il benvenuto il momento che atterri e lo rinnova ogni giorno quando ci cammini sopra quasi scalza, come unica barriera le ciabatte. Chiedo scusa in anticipo a chi verrà alle mie lezioni tra due settimane, non ho idea di quente pedicures ci vorranno per eliminarla dai miei piedi. Il sole al tramonto, che non sono ancora riuscita a fotografare come merita perchè a quell'ora siamo sempre nella shala. Nei giorni prima di ripartire mi metterò d'impegno per catturarlo almeno una volta e spero di rendergli giustizia. Non ho mai visto un sole così, nè in Australia, nè in Sardegna che è comunque famosa per i tramonti. Qui ha dimensioni enormi, verso le sei di sera diventa una palla arancione dai contorni incredibilmente definiti, si tuffa nel mare e sparisce in pochi minuti. Il buongiorno silenzioso nel sorriso di Pema quando ci incontriamo uscendo di casa alle sei del mattino, avvolte negli scialli colorati, per andare alla prima classe della giornata. Camminiamo fianco a fianco senza dire una parola, consapevoli della reciproca presenza amica ed energia positiva che ci tiene compagnia. Dopo il rientro ci vorrà qualche giorno per rientrare nella vita di prima e cercare di incorporare almeno parte della routine indiana a quella di casa.   


giovedì 27 novembre 2014

Periodo di esami



















Ci avevano avvisato che questa settimana sarebbe stata dura e la promessa è stata decisamente mantenuta. Sono giornate di quattordici ore di lezione, seguite da ore di studio con relazioni da scrivere e prove pratiche di esame da preparare, il resto del tempo a malapena sufficiente per mangiare e dormire. In questo momento dovrei studiare per il 'knowledge check' finale, un compito che abbraccia tutte le materie, da asana a filosofia, sanscrito, anatomia, ayurveda, etica, sequencing, class management e sicuramente mi dimentico qualcosa già nell'elenco. E' incredibile come a questo punto tutto si stia unendo e tutte le nozioni ricevute stiano andando e completare l'immagine intera. Di ogni postura studiata conosciamo l'anatomia, indicazioni terapeutiche e controindicazioni, sia del corpo fisico, muscolatura e articolazioni, effetto su organi interni e sistema nervoso, che di quello sottile, chakras e tipo di energia stimolati. Sempre di meno gli asana hanno l'aspetto del fitness e sempre più assumono invece forma terapeutica. Ho deciso di concedermi un'ora per scrivere qui, come premio per aver superato bene la prova pratica di oggi in cui ho guidato parte della sequenza per tutta la classe e aggiustato ogni singola postura, dall'inizio alla fine, sotto gli occhi di cinque insegnanti. Il primo pensiero che ho avuto durante il feedback finale è stato di gratitudine. La prima frase è stata 'very strong and solid knowledge of vinyasa', conoscenza sicura e profonda del vinyasa, il movimento unito al respiro che è il cuore della pratica ashtanga, senza vinyasa non c'è ashtanga. Grazie Roberto e Steve che me l'avete trasmesso così bene, martellato e corretto fino a farmelo sognare la notte, Namastè teachers.
La settimana è solo a metà ma adesso vedo la fine del corso e mi rendo conto che il giorno del diploma è vicino. Oggi ho realizzato di lavare per l'ultima volta un paio di leggins, che comunque sempre teniamo sotto i mutandoni del nonno, d'ora in avanti i cambi mi basteranno fino alla fine e tornerò a casa con una valigia di roba sporca. Le prove pratiche di insegnamento sono cominciate già dalla settimana scorsa, prima a due, poi a gruppi di sei o sette, fino ad arrivare oggi alla classe intera. Vuol dire fare da cavie a chi sta imparando a guidare, fermarsi quando la guida si inceppa, aspettare pazientemente in posizioni di forza, equilibrio, torsioni e allungamenti che la guida si sblocchi, a volte per più del doppio del tempo normale. Il respiro scappa da tutte le parti e, aggiustato in ogni singola postura e portato al limite della tua flessibilità in ogni asana, finisci dolorante e stanco. Quattro, cinque giorni di questo tipo di lavoro e ti senti come se ti fosse passato sopra un carro armato. Sarà che sono stanca e ho le difese un po' basse, ma nonostante i quaranta gradi di mezzogiorno sono riuscita a prendermi un raffreddore con relativo mal di gola. Questa mattina stavo per saltare la pratica. L'idea di sudare e poi raffreddarmi in queste condizioni non mi faceva saltare di gioia, ma qui non accettano giustificazioni come a scuola. Guidava Lalit, che all'inizio della classe ci ha annunciato 'una bella pratica energizzante.' Ho pensato, 'Bene, muoio qui.' E invece una volta cominciato, il flusso del vinyasa ha preso il comando e sono arrivata fino alla fine passando per equilibri sulle braccia, archi e inversioni. Alla fine il respiro era libero, i nodi accumulati nei giorni precedenti sciolti e stavo decisamente meglio. A fine lezione, ampio sorriso dolce e testa dondolante, Lalit ci ha detto 'Coraggio, ancora pochi giorni e poi non dovrete più rivedermi. Lo so che al momento mi odiate, ma non me la prendo, darvi disciplina è il mio lavoro. Vi amo tutti!' Sopravvissuta all'ashtanga, tornando alla shala dopo colazione ho incontrato il secondo serpente del mese in India (l'ultimo? Serpente, non mese). L'ho visto strisciare veloce davanti a me sul sentiero, mentre rincorreva un topolino che è riuscito a scappargli. E' rimasto dritto verticale per metà della sua lunghezza, a guardarsi intorno come indeciso sul da farsi. Mi sono congelata. Non era vicinissimo, ma ho visto quanto si muovesse velocemente. Dopo avermi osservata per un po' deve aver deciso che non fossi il suo tipo ed è scivolato via tra i cespugli. Mi viene in mente uno dei primi giorni quando Patricia, attrice di professione che deve essersi divertita parecchio negli anni settanta, aveva chiesto se avesse potuto andare a sedersi sotto un albero per fare meditazione e la risposta di Maeve non aveva lasciato spazio a discussioni, 'Assolutamente no. Non puoi mai sapere cosa ci sia tra i cespugli, anzi è meglio non saperlo. E infatti vi avviso, camminate sempre sui sentieri.' E da lì nessuno ha più sconfinato in territorio altrui. Sarebbe bello se i serpenti facessero altrettanto e ci ricambiassero la cortesia!

domenica 23 novembre 2014

Arambol



















Week-end! O per lo meno il poco che ci lasciano. Arambol, luogo di perdizione, mi ha vista sia sabato sera che domenica mattina. Per quanto mi riguarda è paradiso dello shopping, in due visite non ho visto nulla di pericoloso o poco sano. Camminando per le strade si respira sicuramente un'atmosfera rilassata, insieme all'occasionale zaffata di canna. Diversi occidentali in giro, molte giovani famiglie, con dread locks e neonato in braccio, ma sembrano abitanti stanziali del posto piuttosto che turisti. Ci siamo avventurati oltre la strada del mercato e girato per i vicoli in terra battuta tra le casette fatiscenti e coloratissime, dove le signore in sari stavano sedute sulla porta di casa aperta e gatti, cani e mucche giravano liberamente. Il primo giro l'ho fatto sabato sera con Katrina e Simone, in due ore abbiamo contrattato e svaligiato mezzo mercato, entrando e uscendo metodicamente dai negozi, scalze, ciabatte alla porta. Singing bowls, incenso, magliette, pantaloni, bracciali, libri, coperte tibetane sono solo alcune delle cose con cui siamo uscite, per una volta abbandonando la divisa del monaco e rimettendoci nei panni di donne europee. Tornando a Mandrem, il nostro tassista ci ha deliziate con hindi-pop al ritmo del quale insieme a lui abbiamo cantato e ballato, 'I am a disco-dancer' era l'unica frase in inglese che si riuscisse a capire. Prima di rientrare ci siamo fermate al Kathmandu per noodles e Wifi. Questa mattina, finita la relazione di filosofia da consegnare in settimana, pronta per una pratica solitaria mi incamminavo verso la shala quando ho incontrato Adam e Klara che si mettevano in cammino per Arambol. Non c'è voluto molto per traviarmi. Siamo scesi sulla spiaggia e abbiamo percorso la distanza tra Mandrem e Arambol camminando sulla battigia e chiacchierando. E così ho visto il mercato di giorno e ovviamente con la luce nuove irresistibili meraviglie si sono palesate. La parte più bella di questa seconda visita è stata la conoscenza con Sanjeev, istruttore di yoga e mercante di artigianato locale che era stato sia a Cork che all'isola della Maddalena, in Sardegna. Ci ha tenuti a chiacchierare per un'ora offrendoci un masala chai e senza cercare di venderci nulla. Devo dire che nonostante fossi prevenuta, Arambol mi è piaciuta molto, decisamente un bel posto da visitare venendo a Goa. Al ritorno, cotta dal sole ma felice, mi sono fermata a dormire sotto l'ombra di Jean e Lindsey che forse più saggiamente hanno passato la giornata a recuperare le forze stese in spiaggia. A fine serata mi sento come se avessi fatto due ore di asana, l'idea della sveglia alle 5,30 domani mattina mi spaventa più del solito. Ci hanno detto che la quarta settimana sarà lunga come un mese intero. Lo shopping mi ha tolto la concentrazione, speriamo di reggere.








sabato 22 novembre 2014

Us, society yogi




















Il felino è una tigre dai denti a sciabola, finalmente riesco a vederlo, e ogni notte a turno sta facendo il giro di tutte le case andando ad annoiare i compagni. Ieri mattina a colazione Adam mi si è avvicinato e rompendo il silenzio mi ha detto 'senti, gli metti un guinzaglio a quella bestia per favore?! Ieri notte è venuto a svegliare me! E in vita mia non ho mai sognato gatti!' Ormai quasi tutti lo conoscono e concordano che faccia una certa paura ma non sia cattivo.
E' periodo di esami e relazioni da consegnare, da qui fino alla fine della prossima settimana quasi ogni giorno c'è una scadenza e le ore sia di lezione che di studio stanno aumentando proporzionalmente. Passata bene ieri la prima prova di anatomia, grazie anche alle mie bellissime amiche e colleghe Angela e Barbara le quali, saputo che dovevo presentare Sarvangasana (la candela), mi hanno mandato via whatsap le relative pagine del libro di anatomia dello yoga. Le ho trovate inaspettatamente come un aiuto dell'universo appena sono entrata in zona Wifi, poco prima dell'esame. Questa mattina è stato il mio turno di guidare la classe nel canto dei mantra e gli esercizi di pranayama, da domani cominciano le prove pratiche di insegnamento. Per me vuol dire dimenticarmi come si guida una sequenza in italiano e re-impararlo in inglese. Stessi movimenti, stessi respiri, ma parole completamente diverse. E' come recitare una poesia, un mantra con la sua cadenza che deve essere sempre quella, sempre esatta, non posso tradurre, devo re-imparare da zero. Non è facile, mi sento goffa e inciampo nelle parole, come essere tornata all'inizio del primo corso insegnanti. Le giornate sono scandite dalle ore di studio e raramente mettiamo il naso fuori dalla scuola. La gente del villaggio è abituata a noi. Himalaya Yoga Valley è a Mandrem da più di dieci anni e tutti sanno che molti degli stranieri ruotano intorno allo yoga. Ci sono anche molti turisti che vengono qui semplicemente in vacanza, per lo più russi al momento. Arambol, il villaggio vicino è famoso per essere meta di vacanzieri in carca di droga e uno stile di vita da figli dei fiori. Ogni tanto capita che camminando per strada qualcuno in scooter si fermi e ti offra un passaggio per Arambol, dando per scontato che sia quella la tua meta. Quando siamo in borghese e giriamo in havaianas e shorts mescolandoci ai turisti, gli abitanti locali sono gentili, amichevoli. Con il sorriso sulle labbra ci invitano a entrare nei loro negozi e cercano di venderci vestiti in stile hippie e pezzi di artigianato vario. Se siamo di buon umore, lasciamo le ciabatte fuori ed entriamo a contrattare i prezzi di quello che ci interessa, alla fine comprando sempre qualcosa. L'usanza qui è che dappertutto si entri scalzi, anche nei negozi e locali pubblici, compresi supermercati ma anche bancarelle al lato della strada con il pavimento di stuoia sulla terra battuta. In settimana a volte capita di uscire durante una pausa per andare a fare qualche operazione veloce, comprare acqua o prelevare soldi al bancomat. Le pause sono brevi e le commissioni di corsa, per cui spesso usciamo senza cambiarci, indossando ancora la divisa. La maglietta va bene, si può portare, a casa la userò almeno per dormire, ma i pantaloni sembrano i mutandoni del nonno e starebbero male anche a Miss India. Non vedo l'ora di bruciarli. E' incredibile però come questa divisa cambi l'atteggiamento della gente nei nostri confronti: comanda rispetto. Quando siamo in divisa ci venerano. Faccio fatica ad abituarmi, ma per loro chi pratica ashtanga yoga è quasi un santo. Questo perchè a differenza degli occidentali hanno ben presente gli otto arti e sanno che yoga non è un esercizio acrobatico ma una disciplina ferrea, che qui non associano all'uomo comune ma all'asceta. Asana è solo uno degli arti, l'unico che in occidente viene identificato come yoga, quando invece il cuore dello yoga sono Yamas e Niyamas, un codice di comportamento che dovrebbe regolare tutti gli aspetti della nostra vita, al di fuori della pratica. E che portati a livelli estremi conducono a uno stile di vita monacale.  Il controllo del respiro, pranayama, è quello che dovrebbe guidare la pratica fisica degli asana che a loro volta non sono mai fine a se stessi, ma diretti a purificare non solo la muscolatura interna e profonda, ma anche organi interni e mente. Nel corso delle nostre vite, ogni volta che passiamo attraverso un'esperienza spiacevole, un dolore, un danno, cerchiamo di superarlo seppellendolo nel corpo e fino a che non andiamo a stanarlo con una pratica consapevole, lì rimane a condizionare il corso della nostra vita, spesso fino alla fine. Gli asana e il pranayama vanno a sciogliere quei nodi e ci liberano. Ecco perchè spesso la pratica scatena delle reazioni emotive inaspettate. In questo mese stiamo sperimentando tutto questo sui nostri corpi. Certamente tanti sono arrivati qui senza avere idea di cosa li aspettasse e quanto questa esperienza li avrebbe portati in un viaggio all'interno di se stessi. E   poi ci sono anche i momenti di leggerezza, come la mucca che un giorno a sorpresa pascola nel giardino di casa e qualcuno non si fa sfuggire l'occasione per un selfie a tema in 'cat-cow pose'.   

mercoledì 19 novembre 2014

Ninja


























Oggi la giornata è iniziata meglio del solito. Spostando i cuscini impilati in un angolo della shala, in silenzio come al solito a quell'ora del mattino, dal mio angolo nella parte opposta si è sentita una certa commozione, 'C'è un serpente!' Mi sono girata in tempo per vederlo, acciambellato e un po' impaurito, ma non per fotografarlo. Lalit non si è scomposto 'State calmi, non è un dramma! Spostate le ultime file di tappetini in avanti e continuate a praticare.' Mi è venuta la ridarella isterica ma come il resto della classe ho continuato la mia sequenza fino a che è arrivato Sunil che ha catturato il serpente con un secchio e l'ha portato via. Velenoso? Oh YES! Ma non 'troppo letale' secondo Yogita, la nostra insegnante di mantra e meditazione. Terza settimana e come promesso il livello di pratica è ancora più alto. Archi, inversioni, equilibri sulle braccia sono diventati ordinaria amministrazione. La cosa strana è che non sentiamo più nè il caldo nè la fatica, più lavoriamo e meglio ci sentiamo. Finire con i vestiti bagnati addosso è la normalità, tempo per una doccia, un cambio e si ricomincia. Già dalla settimana scorsa abbiamo iniziato i kryias, tecniche di pulizia interna, parte del processo di purificazione di corpo e spirito. Infili il beccuccio di un piccolo innaffiatoio (neti pot) in una narice e versi acqua tiepida salata che, se respiri nel modo giusto, esce a cascata dall'altra narice pulendo bene i canali. Finisci con una tecnica ancora più estrema, infilando un piccolo catetere bagnato con olio di senape a turno in una narice alla volta e lo fai uscire dalla bocca. Vi vedo fare EWWWWW ma vi garantisco che dopo queste due operazioni hai una libertà di respiro che ti sembra di avere due polmoni da apneista in aria di alta montagna! E a libertà di respiro corrisponde chiarezza di pensieri. La meditazione non va. Il felino non ruggisce più ma alternativamente canta canzoni stupide solo per farmi indispettire o si siede zitto e mi da le spalle, è maleducatissimo. Nelle lezioni di ayurveda il medico ci ha fatto l'analisi costituzionale, basate sul principio che in ciascuno di noi si trovano 5 elementi: fuoco, aria, spazio, acqua e terra. Io sono risultata fatta di fuoco e aria. La mia meditazione è in movimento e questa è la ragione per cui mi trovo così a casa nell'ashtanga yoga, movimento unito al respiro che fa da collegamento tra corpo e mente, così si che riesco a concentrarmi ed estraniarmi. Dammi quindici ponti, un'ora di pratica a quaranta gradi e un catetere da infilarmi nel naso e va benissimo, ma seduta per mezz'ora a occhi chiusi impazzisco. Chakra, è una parola che fino a qualche settimana fa mi dava l'orticaria. Unicamente perchè quello che avevo sentito fino a quel momento era circondato da un'aura new age senza sostanza, qui finalmente riesco a dare un senso alla parola, senso sia logico che empirico. Sono punti nevralgici di energia, incontro di 'nadi', le vene e i capillari attraverso i quali scorre la nostra energia vitale, e corrispondono alle principali ghiandole endocrine. I chakra sono infatti le ghiandole endocrine del nostro corpo immateriale e ciascuno presiede a determinate caratteristiche di personalità. Come le ghiandole endocrine possono funzionare male, in eccesso o in difetto, determinando degli squilibri nel nostro carattere e nella nostra vita. Possono essere riequilibrati dalle posture di yoga, delle quali ciascuna va ad agire in modo diverso su questi punti nevralgici. Su sette, quattro mi funzionano benissimo, due in difetto e uno non è pervenuto. E' incredibile come abbia constatato che le cose che non vanno bene in me siano precisamente riconducibili a quei due chakra pigri, così come le posture che mi costano di più, le più faticose, quelle che quando stanno per arrivare nella sequenza mi dico 'NO, che strazio!' siano proprio quelle indicate per stimolarli. Il silenzio del giovedì pesa, arriviamo a sera di malumore anche se basta poco per tirare fuori una risata. John: 'Pensavo oggi che fino ad ora ho avuto al massimo una donna per volta che non mi parlasse, adesso ne ho trenta!' Il clima con i compagni è bello, ma su trenta il gruppo per quanto mi riguarda è diviso in tre: le persone con cui mi trovo bene, quelli che ci fossero o meno non cambierebbe niente e quelli con i quali si starebbe meglio se non ci fossero. Non grandi cose, semplicemente sensibilità diverse, attenzione per il prossimo, piccole cose che però nella vita in comune hanno un peso. Ci sono 'Le bionde', nordiche, tutte uguali, sempre zitte, vanno per la loro strada e non guardano nessuno in faccia. Per un po' pensavo fossero la stessa persona e me la ritrovavo sempre tra i piedi, a sgomitare al rubinetto del tè chai, allo scaffale dove mettiamo le borse nella shala, di fronte al mucchio dei tappetini, dovunque mi girassi c'era una bionda che mi rallentava. Ho impiegato una settimana a capire che fossero sei, come si chiamino ancora non lo so. Anche gli amici sono sempre tra i piedi, per fortuna. La domenica a qualunque ora del giorno trovi qualcuno al Cafè Kathmandu, per mangiare qualcosa ma anche per studiare. Ci sistemiamo sui cuscini per terra nella casa sull'albero e riempiamo i tavolini dei nostri libri e appunti. Stiamo lavorando alle relazioni finali e c'è tanto da scrivere. Ci sono prese per i computers e Wifi che funziona a tratti. Arriviamo indipendenti, ciascuno secondo i propri orari, e poco per volta i nostri bicchieri di mango lassi, chai e insalate di frutta finiscono di riempire lo spazio lasciato dai libri. Prima o poi ci ritroviamo tutti lì e con il buio i fili di luci colorate si accendono e John e Adam tirano fuori chitarre e strumenti vari la cui collezione aumenta ogni volta che vanno a fare un giro nel villaggio. Dopo un po' anche i ragazzi che gestiscono il locale si uniscono a noi e diventa una vera e propria festa. Credo che il TT di Novembre lascerà un vuoto importante al Kathmandù :-)







sabato 15 novembre 2014

Pioggia

























E alla fine le lacrime sono arrivate insieme alla pioggia. La mattina avevamo fatto un lavoro di apertura delle anche, sollecitando i bicipiti femorali nei quali secondo l'ayurveda, nel corso degli anni si accumula la rabbia. Lalit ci aveva avvertiti che probabilmente avremmo provato degli sbalzi d' umore, dicendoci anche, se fosse successo ,di mantenere la calma e aspettare che passasse. Sono entrata nella shala per la pratica serale del giovedì, dopo aver passato la giornata in silenzio totale. Sentivo il cuore appesantito da un sentimento di rabbia senza un motivo preciso. Mi sono sistemata sul tappetino, con lo sguardo basso ho ricopiato gli spunti scritti sulla lavagna per la lezione di allineamenti e aggiustamenti che stavamo per cominciare. Non riuscivo a guardare in faccia nessuno, Lalit meno di tutti. Sentivo che mi osservava, sapevo che avvertiva che qualcosa in me non andasse e percepivo la sua preoccupazione. Ma non c'era niente che potessi fare, la rabbia era sempre lì. Dopo aver aperto la lezione con il mantra come al solito, anzi che procedere con quanto era scritto sulla lavagna ci ha detto di chiudere gli occhi e ha guidato una sequenza lenta, più simile ad una lezione di hata che di ashtanga, in cui abbiamo fatto meno posture, facilitate anzi che chiuse fino in fondo, e tenute più a lungo. L'asciugamano questa volta anzi che per il sudore mi è servito per asciugare le lacrime che per tutta la sequenza mi scendevano dagli occhi chiusi. Durante il rilassamento finale, quando ormai ero vuota e decisamente più in controllo, ha cominciato a piovere, la prima volta in due settimane. Le gocce picchettavano sul tetto della shala che con l'acqua rilasciava un penetrante profumo di legno, il sole era finalmente scomparso per un po' e la temperatura decisamente più fresca. La sera a cena era tutto passato. Lalit mi ha messo una mano sulla spalla e senza parole ci siamo riconciliati. C'è uno scambio di energie che non ha bisogno di parole. E' così con un maestro di yoga, a parità di competenze ciascun allievo sceglie il proprio in base a qualcosa che va al di là della tecnica e anche della personalità. E' una questione di energia, ciascuno ha la propria che si accompagna più o meno bene a quella di un altro. La mattina dopo, mentre la classe finiva la sequenza di vinyasa flow Mysore style mi si è avvicinato e mi ha detto 'Adesso mi fai quindici archi, tre cammelli per scaldarti e il resto alla spalliera di bambù.' In parole profane vuol dire fare docici ponti partendo da posizione eretta. Pensavo scherzasse, ma Lalit non scherza mai in classe... Docici ponti con l'aiuto della spalliera e il maestro vicino. Non credevo di avere le risorse o le capacità per farlo, ma lui le ha viste in me e le ha tirate fuori.
La settimana si è chiusa con un test su quello che abbiamo imparato fino ad ora. Prima di raggiungere gli altri a festeggiare al Cafè Kathmandu, ormai nostro regolare punto d'incontro, io e Lindsey siamo andate a farci sciogliere con un massaggio. Un po' dappertutto nel villaggio ci sono posti che ne offrono, capanne con i tetti di paglia e il pavimento di terra battuta, in cui entri in un ambiente semibuio diviso da tende di vari colori. Superata l'impressione da bordello dei bassi fondi di Saigon, l'esperienza è bellissima. Un'ora e mezza in cui le mani esperte delle massaggiatrici sciolgono i nodi, rimettendo insieme noi corpi inerti di ashtanghisti smontati da una settimana di pratica dura. Durante il massaggio la testa continuava come al solito a girare comunque, ripassando la lezione di anatomia appena ascoltata seguendo le mani della massaggiatrice che lavorava sul mio corpo: trapezio, erector spinae, lumbosacral fascia... tensori, bicipiti femorali, gastrocnemius! So much for 'Yoga chitta vrtti nirodhah', 'Lo yoga interrompe i processi della mente', ma d'altra parte secondo l'analisi del dottore di ayurveda sono fatta di fuoco e aria, neppure un briciolo di terra ad ancorarmi, non ho speranze di rallentare, è la mia natura. Oltre ad aver ripassato la lezione di anatomia il massaggio ha avuto il suo effetto, sono uscita come nuova!  

giovedì 13 novembre 2014

Yoga gives you psychic powers! (and they are not welcome)



















Comincio a scrivere durante uno dei tanti black-out. E' tradizione da qualche giorno che la luce manchi quando sono sotto la doccia, magari mentre sto sciacquando la divisa che avevo isaponato nel lavandino come mi aveva insegnato a fare mia nonna. E quando manca la luce da queste parti è nero come la pece, siamo in campagna dopotutto, nessun chiarore esterno che possa filtrare dalla finestra. Per fortuna non dura molto e ho imparato a tenere il computer sempre carico. Quando succede, accendo il pc e lo uso come lampada da tavolo. Capitano cose strane quando metti insieme trentacique persone in un ashram in India. Lunedì parte della meditazione consisteva nel visualizzare una persona con cui abbiamo o abbiamo avuto un conflitto, che ci ha fatto stare male, e inviarle energia positiva. Le mie compagne, ovviamente molto più evolute di me, hanno tutte avuto un messaggio da quella persona il giorno dopo. Per me niente da fare, la belva felina che vive nella mia testa e mi impedisce di meditare, ha evidentemente intercettato l'energia positiva e le ha impedito di raggiungere la mia visualizzazione. In compenso però, nella notte tra domenica e lunedì ho sognato di aver dimenticato l'orologio nel patio della zona dove si mangia. Nel sogno sapevo che era notte fonda, ma decidevo comunque di andare a riprendermelo. Quando ho tentato di alzarmi dal letto qualcosa me lo ha impedito, tenendomi le spalle incollate al materasso. Mi sono svegliata con una inquietante sensazione di costrizione, come se ci fosse qualcuno sopra di me. Ho ripreso coscienza libera dal peso, ma con il cuore che batteva a mille. Non era una presenza minacciosa, piuttosto protettiva, come volesse impedirmi di fare qualcosa di pericoloso. La mattina dopo, il mio orologio si era fermato all'una e venti del mattino. E non ha più ripreso a camminare. La stessa notte, anche l'orologio di Klara si è fermato senza motivo. Jean, nella camera affianco è saltata a sedere sul letto convinta di aver visto... un grosso felino vicino alla porta della sua camera! Pare che il gattone abbia trovato il modo di uscire dalla mia testa e si stia divertendo a movimentare i nostri sonni. Se la mediatzione fa uscire poteri psichici con cui non sono sicura di voler avere a che fare, la pratica degli asana si fa ogni giorno più intensa. Lalit dice che stiamo ancora 'camminando' ma dalla settimana prossima cominceremo a correre. Sequenze dinamiche di vinyasa flow, integrate con l'uso di supporti per costruire correttamente gli allineamenti e allungare e rafforzare il corpo, come nel metodo Iyengar. Sebbene la certificazione sia in ashtanga, uno dei nostri libri di testo è 'Light on Yoga', un pilastro del maestro BKS Iyengar. A dimostrazione una volta di più che in India le differenze tra i vari stili non sono rigide come in Occidente, yoga è quello che conta, il fine comune, non il mezzo con cui ci arrivi. Oggi, mentre la classe cominciava a praticare la sequenza che abbiamo costruito la settimana scorsa, Mysore style, ciascuno per conto suo e secondo i propri limiti, Lalit si è avvicinato e mi ha detto 'Tu oggi la prima serie di ashtanga la fai tutta.' E così è stato. Trentotto gradi, umidità altissima, due ore di pratica intensa al ritmo del mio respiro. Quando ho finito sembravo uscita dalla doccia. La sequenza, fatta completa per la prima volta dopo un paio di settimane, ha smosso tanta energia e per il resto della mattinata ho dovuto muovermi molto lentamente. Ci sono giorni in cui ci chiediamo come faremo a continuare a questi ritmi. Momenti in cui non credi di avere abbastanza risorse per finire la giornata, ma proprio quando stiamo per cedere ci annunciano che la mattina dopo possiamo fare pranayama e meditazione per conto nostro o, se ne abbiamo bisogno, dormire un po' più a lungo. E così ci regalano un'ora di sonno in più. Oppure, quando ci vedono molto stanchi, anzi che massacrarci con l'ultima pratica serale, decidono di insegnarci un massaggio da proporre al momento del rilassamento. Che ovviamente per imparare pratichiamo tra di noi usando i compagni come cavie. Ci portano al limite, sia fisico che emotivo, ma mai oltre. Dopo cena, tornando con Klara verso casa, fuse dopo due ore di studio a due in cui abbiamo iniziato la tesi che dovremo presentare l'ultima settimana, su asana e relativi allineamenti, aggiustamenti, indicazioni terapeutiche, controindicazioni, anatomia e chackras stimolati, abbiamo sentito una chitarra e una voce maschile, calda e perfettamente intonata, provenire dal gazebo vicino alla shala. Ci siamo guardate con un WOW negli occhi: Radiohead, Pearl Jam, Jeff Buckley, una boccata d'aria leggera rispetto al fumo dei mantra che, denso come l'incenso, ci piaccia o meno, annebbia la testa giorno e notte. E' stato come se questa volta fosse l'Universo a sostenerci in un momentro di debolezza. Dopo aver ascoltato nell'ombra per un po', ci siamo avvicinate. John, irlandese di Ennis, istruttore di fitness, viaggiatore cronico e chiaramente musicista talentuoso, si teneva compagnia, forse in uno di quei momenti di malinconia che a turno nelle ultime settimane hanno preso tutti quanti. 'Possiamo essere il tuo pubblico?' Ci ha accolte con un sorriso e così ci siamo accomodate sui cuscini per terra, grate per quel momento di normalità in una giornata satura di termini in sanscrito e nozioni tecniche. Abbiamo passato una bellissima ora insieme, con la luna rossa bassa all'orizzonte e intorno il silenzio della notte. Domani mantras, pranayama, meditazione, pratica personale, ayurveda, filosofia, allineamenti e ancora asana, in silenzio totale. La voce di John e la musica che ha condiviso con noi come ultima cosa prima di andare a dormire, ci terranno compagnia fino all'ora di cena, quando finalmente potremo nuovamente parlare.



domenica 9 novembre 2014

Day off!



















Sopravvissuta la prima settimana di training, terminata con un seminario su archi e piegamenti all'indietro che ha dato molta soddisfazione dal punto di vista fisico ma ha scatenato tante emozioni nascoste. Insomma, un finale col botto che ci ha lasciati tutti molto provati. La domenica è arrivata come un regalo inaspettato, regimentati come siamo nella routine dell'allenamento fisico e mentale non vediamo più in là della prossima classe. L'idea di tutta una giornata libera ci ha colpiti solo il sabato sera a cena dove ci siamo ritrovati stanchi, ma di quella stanchezza bella che viene dopo il lavoro duro, e un po' euforici all'idea di poter dormire senza sveglia e con tutta la giornata libera davanti. Alle 7,30 mi sono svegliata con la luce che entrava dalle tende semiaperte, recitando la sequenza del saluto al sole in testa. Mi sono girata dall'altra parte e a occhi chiusi ho lasciato che la mia mente ripassasse i comandi in inglese visto che martedì avremo una prima verifica. La testa è passata a 'English-only mode', l'italiano lo uso solo per scrivere qui e comunicare con whatsapp. Ho cominciato la giornata in solitario con una nuotata in piscina e dopo colazione sono uscita con i compagni a fare un giro per Mandrem. Il traffico è abbastanza caotico anche se siamo in campagna, macchine e motorini strombazzano appena vedono qualcuno che cammina sulla strada per avvisarlo di togliersi di mezzo. A quel punto hai la scelta tra rischiare che la macchina ti metta sotto e la cunetta, dove spesso trovi i serpenti. Tra le due scelgo sempre la strada, almeno la macchina hai qualche possibilità che ti manchi. Arrivati sulla spiaggia, ci siamo sistemati all'ombra e passato la giornata stesi a riposare e ripassare. Il gruppo è molto misto, sia per età anagrafica che per provenienza. La situazione in cui ci troviamo permette all'essenza di ciascuno di venire fuori in modo chiaro e pulito, senza difese e condizionamenti. Per questo motivo le amicizie, le affinità sono sincere, similitudini di anime che vanno al di là delle differenze esteriori. Una delle ragazze a cui mi sento più vicina è Pema, irlandese con nome tibetano, ha solo sette anni più di mia figlia e ventidue meno di me. Se penso a come ero io alla sua età, non riesco proprio a relazionare la Letizia di allora con questa straordinaria ragazza conosciuta una settimana fa. E' in India da quasi un anno, da sola, e la sta girando da nord a sud. Ha una maturità, coraggio, forza di volontà, stamina, sensibilità che vanno ben oltre i suoi ventidue anni. Lei forse cercava una mamma, io una figlia, e ci siamo trovate per coincidenza compagne di casa. Come lei Lindsey, ventun anni, viene da una cittadina minuscola del Colorado nel cuore della 'Bible Belt', dove a un certo punto si è detta che la sua vita stava andando su binari che passivamente l'avrebbero portata alla laurea e al matrimonio, come quelli di tutte le sue amiche, ma lei non è sicura che sia abbastanza. Con il supporto dei genitori ha preso un anno di pausa, ha viaggiato in Europa e in Asia ed è approdata qui insieme alla mamma che l'aveva raggiunta per un periodo in India. Dopo averla vista sistemata in 'Room 4', affianco alla mia camera, la mamma è ripartita. Il RYS 200 è la fine del suo viaggio, dopo il quale tornerà a casa. Clara, giramondo della Repubblica Ceca dalla quale manca da più di otto anni (credo sia vicino ai trenta). Insieme al fidanzato hanno vissuto in Nuova Zelanda, Sud Est Asiatico e Irlanda, prendendo lavori occasionali che sono durati il tempo necessario per godersi la vita nel posto che al momento avevano voglia di esplorare. Lui la raggiungerà alla fine del corso e hanno intenzione di girare per l'India per qualche mese, aspettando ispirazione per dove andare prossimamente. Adam dall'Idaho, batterista di professione che negli ultimi anni ha girato per tutti gli States in tour con vari gruppi. E'qui per cambiare carriera anche se non è convinto che l'ashtanga sia la sua strada nello yoga e probabilmente andrà oltre. Jean, irlandese, sposina di fresco sta per trasferirsi in Germania con il marito ufficiale dell'esercito britannico. Ha lasciato il lavoro per seguirlo e deciso di trasformare la sua solida pratica yoga in un'opportunità per un nuovo inizio in un paese straniero. La giornata è passata veloce tra chiacchiere e un'acqua di cocco direttamente dalla noce, un tuffo nel Mar Arabico e un curry nel chiosco sulla spiaggia. Domani si ricomincia, speriamo che il mio demone felino non la prenda troppo male. PS: La valigia è arrivata, come diceva Mr Smiss in un momento in cui non ci pensavo proprio più. Come pensavo, non c'è nulla di indispensabile dentro. In particolare, un paio di sandali che non ho neppure tirato fuori, continuo benissimo a girare con le Havaianas che si sono fatte tutta la Campagna d'Australia e sicuramente finiranno tutta la Campagna d'India.  

venerdì 7 novembre 2014

Giornata da Apprendista




















Sveglia alle 5,45 per essere nella shala alle 6,15. Usciamo dalle case che è ancora buio, in quel momento poco prima dell'alba quando la notte è meno nera e comicia a sentirsi il canto del gallo. L'aria è fresca, l'unico momento della giornata in cui non sudi. E' bellissimo essere fuori dopo la notte passata al caldo nonostante il ventilatore: in camera è vietato aprire le finestre perchè con l'aria della notte non sai mai cos'altro possa entrare. In silenzio raggiungiamo la shala, la sala dove tutto si svolge, la nostra scuola, costituita da un tetto di paglia tenuto su da pali di legno, con il pavimento di stuoia, circondata da una zanzariera ma niente pareti. La prima classe è sempre pranayama, seguito dal canto dei mantra, seguito da meditazione. La parte dello yoga in cui sono più ignorante. Il pranayama si impara, i mantra anche, alcuni sono proprio belli da sentire e da cantare, ti fanno vibrare dentro qualcosa mettendoti il sorriso sulle labbra e ti lasciano in pace con il mondo. A meditare no. Almeno per me non c'è verso. Conosco la teoria, seduti in posizione comoda, con la schiena eretta, a stomaco vuoto, possibilmente alla stessa ora e nello stesso posto tutti i giorni. Centrarsi, ascoltarsi e imparare a comunicare con il proprio 'io universale' che diventa la tua guida e che poco per volta comincerai a sentire vicino non solo in meditazione, ma anche nella vita di tutti i giorni. Il mio universale è un demone, del tipo felino credo, che non vuole saperne di farsi domare. Arrivo nella shala fresca di doccia, contenta di essere in un ambiente così bello, l'incenso che brucia, molti dei compagni già seduti, con sharong di colori diversi buttati sulle spalle per proteggersi dall'aria del mattino. E' una visione che scalda il cuore, che ispira gioia e pace: la giungla appena oltre la zanzariera, la sala piena di statue avvolte in scialli di tanti colori accesi. Il mio posto è davanti alla foto di Lalit insieme a Sharat. Mi sistemo con i miei cuscini, nessun problema a stare seduta nella stessa posizione per un'ora, dopotutto è a questo che gli asana ci preparano. Apparentemente, dal di fuori, sono una statua serena, avvolta da un'aura arancione. Ti dicono di non preoccuparti se mentre cerchi di svuotare la mente pensieri di ogni tipo vanno e vengono, di osservarli ma di non trattenerli, che pian piano la mente impara a lasciar andare. A me non viene nessun pensiero, nessuna distrazione, nella mia testa c'è una creatura che percepisco come un grosso gatto, che però parla (sento le voci?!), e non ne vuole sapere di meditare. Io cerco di dirgli con le buone di cooperare perchè è una situazione in cui sto bene e vorrei godermela fino alla fine, ma lui, credo sia un lui, si ribella in modo violento. Dopo un po' è come essere nell'arena contro un leone, io con la frusta e lui con le unghie. Il primo giorno mi sembrava di avere un esorcismo in atto dentro il cervello. Sapevo di essere indietro su questo 'arto' dell'ashtanga, ma non avevo idea di quanto. Dopo la meditazione prendiamo un tè, in silenzio, e alle 8, sempre in silenzio cominciamo la pratica. Per chi sa di cosa sto parlando: facciamo due pratiche da due ore, tutti i giorni, una dalle 8 alle 10 e un'altra dalle 16,30 alle 18,30.... Per gli altri, fidatevi, è massacrante. Non stiamo facendo ancora tutta la serie, come Lalit ama ripeteci 'Vi sto aprendo lentamente ma sistematicamente. E tu non preoccupati se non riesci ancora a toccarti le dita dei piedi, quello è lavoro mio, preoccupati piuttosto di fare quello che ti si dice!' Promette che alla fine del mese ci avrà trasformati in 'yogi volanti.' Dopo la pratica finalmente possiamo parlare e fare colazione, enorme a quel punto! Frutta, cereali, un riso salato e speziato con noci e frutta secca di vario tipo, pane, tè, caffè. Fino all'ora di pranzo abbiamo altre lezioni di materie che variano a seconda del giorno: anatomia, filosofia, ayurveda, classroom management. Poi pausa pranzo in cui normalmente si va a fare il bucato, e il pomeriggio si ricomincia alle 3 con Chackras, Kriyas, Mudras, Tecniche di Pranayama, Allineamenti, Aggiustamenti, per poi finire con le ultime due ore di pratica. Tutte le lezioni si svolgono seduti sul pavimento, con cuscini e mattoncini come supporti, ma senza mai appoggiare la schiena. Possiamo cambiare posizione, fare stretching nei momenti di pausa, ma vietato sdraiarsi o distendere le gambe in modo che la pianta dei piedi sia rivolta agli insegnanti, estremamente maleducato. Al terzo giorno la schiena fa male a tutti. Non perchè ci sia qualcosa che non vada ma semplicemente perchè stiamo attivando muscoli che normalmente non usiamo. Tutto parte dell'allenamento credo. Stai dritto e rafforzi la schiena, fai stretching quando ti fa male e la sciogli. Alla fine del mese avremo una forza e una mobilità che ci permetteranno di fare bellissimi equilibri sulle mani e piegamenti all'indietro. E' molto pesante.Viviamo nella shala, la sera riusciamo a malapena a farci la doccia e mangiare, OK, controllare Facebook forse. Ci chiudiamo in camera molto presto, con i comptiti da fare e l'esame da preparare. Quando si vivono situazioni così intense, è facile che emozioni inaspettate prendano il sopravvento. Questa mattina una compagna è scappata in mezzo alla pratica in singhiozzi. Mi chiedo quando arriverà il mio punto di rottura. Ho visto che il mio momento più fragile è all'inizio della classe delle 11, indipendentemente dalla materia, e domani abbiamo chackras. Succedono sempre cose strane quando si vanno a toccare certi punti. Vediamo che succede.



mercoledì 5 novembre 2014

Cose che impari




















... e che non necessariamente erano parte del programma. Fine del secondo giorno in India, il primo di adattamento, il secondo di corso. Ieri, tornata a casa dopo la mia passeggiata sulla spiaggia finalmente un po' di movimento. Gli yogi sono arrivati poco alla volta nell'arco di 24 ore, donne e uomini di varie età e nazionalità. Le case sono cinque, in ciascuna cinque stanze con bagno, occupate singolarmente o a due, tre e quattro. Ciascuno ha la chiave della propria stanza, ma la mattina la porta deve essere lasciata aperta per le pulizie, la porta d'ingresso alla casa è sempre aperta, giorno e notte, non ci sono chiavi. Si lasciano scarpe e ciabatte davanti alla porta d'ingresso e in casa si gira scalzi, sempre. Siamo in un'area privata recintata, ma non conosco altro posto dove si possa fare una cosa del genere. Senza contare che diversi cani, gatti e sicuramente anche qualche mucca a giudicare dalle dimensioni di quello che lasciano per strada, circolano liberamente. Con le compagne di casa sono stata fortunata, siamo subito entrate in sintonia e dopo aver passato il pomeriggio a chiacchierare di fronte a un chai, la sera siamo uscite per un curry nel villaggio. Cafè Katmandhu è dove abbiamo condiviso il nostro primo vero pasto: Italia, Stati Uniti, Irlanda e Repubblica Ceca, sedute per terra su stuoie di paglia intorno a un tavolino basso, unite da un korma rigorosamente vegetariano. Della valigia ancora nessuna notizia. Il mio kit di sopravviveza da bagaglio a mano che da brava cagliaritana ho avuto l'accortezza di organizzare, (perdere la valigia durante uno scalo a Fiumicino è una cosatnte per noi sardi), tiene bene. Mi chiedo infatti che cosa ci fosse di indispensabile nella valigia e se a questo punto avessi fatto meglio a lasciare a casa. Sicuramente avrei vita più comoda, ma c'era dentro qualcosa di indispensabile? Assolutamente no. Conclusione, avrei potuto benissimo partire per un mese in India con un solo bagaglio a mano. E magari sarà così alla fine. Quello che ancora brucia è che la valigia era nuova, e bella, lasciarla andare mi verebbe un po' difficile. Evidentemente il non-attaccamento non è ancora sufficientemente sviluppato! Fiducia nel Prossimo, Essenzialità, Non-Attaccamento.... Pazienza. Che non sia il mio forte lo so da molto e sto cercando di lavorarci, ma esercitare la pazienza mi costa ancora parecchio. Prima di partire mi sono detta più volte che in questo viaggio ne avrò bisogno, pazienza con me stessa, con gli altri e con il mondo. Se un volo non è stato ancora chiamato non vuol dire che sia stato cancellato, se Maeve non risponde al mio messaggio non vuol dire che si sia dimenticata della mia richiesta. Arrivata qui ho imparato subito di essere nel posto giusto per lavorare su questa qualità. Se la valigia non arriva, pazienza, aspetti che prima o poi compaia con uno dei prossimi voli. Se internet è disponibile solo nel posto dove si mangia, pazienza, vuol dire che controllerai la mail solo una volta al giorno (gli altri due pasti devono dividersi tra Whatsap e Facebook). Se la rete manca improvvisamente mentre stai cercando di pubblicare un post, ti alzi e vai a fare due chiacchiere con Simon, lo chef, e aspetti che magicamente ritorni. Se la corrente, che misteriosamente sparisce per diverse mezz'orette al giorno, viene a mancare nel mezzo della notte e cominci a sudare perchè il ventilatore non funziona più, pazienza, aspetti che torni. Se il signore nel negozietto deve fare il conto a tre clienti prima di te, a mano su un pezzo di carta con riporto e decimali, A-S-P-E-T-T-I! E se non succede in questa vita c'è sempre la prossima. Da domani dovrò imparare un'altra cosa, il silenzio. Dal risveglio alle 5,45 fino alla pausa delle 11 non si parla e nessun contatto visivo. E niente internet! Sono curiosa di vedere come andrà. Oggi ho imparato che tutti i giovedì il silenzio, sia fisico che virtuale, sarà per tutto il giorno, o almeno dal risveglio fino alla fine delle 12 ore di corso. Lalit mi ha detto 'Tranquilla, solo 27 giorni e torniamo in Italia! Praticamente è già finito!'

lunedì 3 novembre 2014

... e poi ti svegli e vedi questo



















La verità? Ieri notte pensavo di voler morire piuttosto che passare un mese qui. Partita da Cagliari con il primo aereo, non so per quale motivo l'aeroporto insolitamente pieno, ai controlli di sicurezza si sono accavallati diversi voli e mentre il mio per Roma stava imbarcando io ero ancora in fondo alla fila. Mi sono messa tra due signori nordafricani, costruiti come armadi, che tra le proteste generali chiedevano di passare prima perchè rischiavamo di rimanere a terra. Il primo faceva strada, io seguivo e quando necessario spiegavo il motivo della nostra maleducazione, il terzo mi spingeva 'Yalla Yalla Madam!' Il mio vocabolario arabo è costituito da 4 parole e questa è una, 'su su, andiamo,' 'Aiò' alla sarda. All'imbarco per Doha a Fiumicino improvvisamente il tutto è diventato molto straniero e mi sono trovata in minoranza, bianca e femminile. Arrivata a Doha mi sono sentita quasi alla fine del viaggio (HA!), un po'più rilassata ho cominciato a fare conversazione con un gruppo di signore indiane che tornavano da un pellegrinaggio in Terra Santa. Quando hanno sentito che andavo in India per imparare yoga mi hanno detto che gli indiani non hanno tempo per lo yoga e che avrei fatto meglio a impararlo da un video anzi che farmi tutto quel viaggio da sola. Molto preoccupate per il fatto che fossi sola si offerte 'hai bisogno di aiuto?'
Sono finalmente arrivata a Goa alle 2 del mattino... io sono arrivata, la mia valigia no. Dopo un'altra ora passata a sbrigare le formalità del bagaglio perso, subito fuori dagli arrivi ho trovato Stanley, il mio tassista. Niente avrebbe potuto prepararmi per quello che ho provato l'ora successiva. Appena fuori dall'aeroporto la macchina si è infilata in una strada di campagna e per l'ora successiva abbiamo attraversato villaggi con strade sterrate, pezzi di giungla, altri villaggi di capanne che non si capiva per quale miracolo stessero in piedi ma addobbate con luci e lanterne colorate. Mucche sdraiate per strada, che ruminavano sul ciglio, che senza fretta passeggiavano nel mezzo della carreggiata, cani e gatti dappertutto. Occasionalmente incrociavamo una macchina ma per la maggior parte i villaggi sembravano deserti. Giusto quando cominciavo a dirmi che se al mio autista fosse saltato in mente di farmi sparire per sempre avrebbe avuto vita facile, ho cominciato a leggere il nome del villaggio e dell'area in cui eravamo diretti. Arrivati a destinazione, sono passata in consegna al custode che mi ha dato una lettera di Maeve, la direttrice, la quale mi informava che ero la prima ad arrivare e per quella notte avrei avuto la casa tutta per me. In camera, raramente in vita mia mi sono sentita così sola, di notte in un posto completamente alieno, con un silenzio intorno che neppure la campagna irlandese mi aveva mai prima regalato. Sdraiandomi nel letto mi sono detta 'un mese così non ce la farai mai.' Con la luce del giorno è tornato anche un po' di coraggio, ho trovato Maeve che come una mamma mi ha presa sotto l'ala ma poi mi ha messo in mano una mappa del villaggio e mi ha detto di andare a comprarmi quello che mi serviva per i prossimi giorni 'Stai tranquilla, è più sicuro che a casa'. Cinque minuti a piedi di strada sterrata in mezzo alla giungla, (non girerai mica da sola quando sei lì?!), mi hanno portato a Mandrem e dopo vari negozietti con la merce sulla strada e bancarelle di signore in sari che salutavano e dicevano buongiorno, ho trovato lo stagno con i fiori di loto. D'ora che sono arrivata al supermercato il mio umore era decisamente più luminoso. Ho comprato quello che mi serviva, incluso un tappetino da yoga, bevuto un'acqua di cocco dalla noce aperta direttamente dal venditore e passeggiando sono arrivata alla spiaggia


















Sulla via del ritorno due cinghiali mi hanno attraversato la strada pascolando allegramente tra gli scarti dei venditori di frutta e verdura. Non ci vuole poi tanto per essere contenti da queste parti. la valigia arriverà.