sabato 13 dicembre 2014

Yoga E'...


Lalit ci ha raccontato di quando è diventato discepolo di Swami Veda Bharati. 'Avevo finito le scuole superiori ed era ora di pensare al futuro, visto il modo in cui ero stato allevato fino a quel momento e gli studi che avevo fatto, era scontato che avrei continuato sulla strada dello yoga. In quegli anni abitavo a Rishikesh, centro importante nel mondo dello yoga, casa di molti ashrams e grandi maestri. Volevo entrare tra i discepoli di Swami Veda Bharati, allievo di Swami Rama dell'Himalaya. Dopo diverse lettere e richieste a vuoto finalmente ottenni un'udienza. Il giorno dell' incontro mi feci cinque chilometri a piedi e nonostante il colloquio fosse fissato per le nove, arrivai con mezz'ora di anticipo. Per più di un'ora aspettai senza che nessuno mi dicesse nulla. Verso le undici mi feci coraggio e chiesi a un segretario se lo Swami sapesse che ero arrivato. Mi rispose di aspettare tranquillo il mio turno. Arrivò l'ora di pranzo, nell'aria si sentivano i profumi della cucina, diverse persone andavano e venivano ma nessuno mi chiedeva se volessi qualcosa da mangiare. Avevo fame, ero stanco, arrabbiato, ma continuavo ad aspettare. Verso le cinque il segretario arrivò e mi disse che lo Swami era pronto a ricevermi. Entrai baldanzoso nella stanza delle udienze e mi misi a sedere in loto (cretino che non ero altro!) davanti allo Swami. Lui mi chiese il motivo della visita, così gli spiegai con un giro di frasi ossequiose che ero lì perchè volevo iniziare a studiare con lui. Lui mi guardò per un po' e poi mi chiese 'Cos'è lo yoga?' La domanda era musica per le mie orecchie e immediatamente mi lanciai in una spiegazione degli otto arti, Patanjali e tutto il resto. Dopo che ebbi finito il mio monologo, Swami Veda mi benedisse e mi disse 'Torna domani.' Rimasi perplesso, ma sempre più convinto della mia scelta, feci come mi disse e il giorno dopo tornai, facendomi cinque chilometri a piedi e arrivando sempre con mezz'ora di anticipo. Come il giorno prima, rimasi ad aspettare fino a sera prima che lo Swami mi ricevesse. Come il giorno prima, arrivato il momento entrai e mi sedetti in loto davanti a lui per dimostrare quanto fossi bravo. Nuovamente lui mi chiese 'Cos'è lo yoga?' Esitai un attimo ma mi lanciai comunque nella spiegazione degli otto arti, ancora più dettagliatamente della prima volta. Lui aspettò che finissi e mi disse 'Torna la settimana prossima.' Sempre più perplesso, ma sempre più convinto di voler studiare con questo grande maestro, mi feci forza e mi preparai a tornare la settimana successiva. La cosa andò avanti per più di un mese, tornavo, ogni volta mi faceva la stessa domanda e io ogni volta gli davo la stessa risposta. Lui mi benediva e mi diceva di tornare dopo qualche giorno, dopo una settimana o quando fossi pronto. Un giorno decisi di prenderlo di sorpresa. Saputo che ogni mattina all'alba andava a passeggiare vicino al fiume, mi feci i cinque chilometri al buio e arrivai all'ashram poco prima del sole. Scavalcai il cancello ma atterrato dall'altra parte un cane da guardia mi attaccò e per sfuggirgli dovetti risaltare il cancello, perdendo una scarpa e cadendo malamente sui rovi. Con tutto quel rumore attirai l'attenzione degli abitanti dell'ashram che mi portarono dallo Swami. 'Vedo che sei arrivato presto stamattina, cosa ti è successo al braccio? E perchè hai una scarpa sola?' Non volendo fare la figura dell scemo gli raccontai una bugia. Lui non si scompose e mi chiese 'Allora, mi sai dire cos'è lo yoga?' In quel momento ebbi un'illuminazione! Mi inginocchiai ai suoi piedi e dissi 'Si Maestro, lo yoga è disciplina. Perdona la mia arroganza, per favore prendimi a studiare con te e insegnami tu cosa sia lo yoga.'
'Finalmente! E quanto ti ci è voluto per capirlo?'
'Sei settimane...'
'Bene. Mi dici adesso cosa ti sia successo e perchè hai una scarpa sola?'
Gli raccontai allora di quanto fossi stato sciocco a volerlo prendere in contropiede durante la sua passeggiata e ancora una volta chiesi scusa per la mia arroganza. Quel giorno, non solo mi prese tra i suoi allievi ma mi diede anche i soldi per comprarmi un altro paio di scarpe.












Il sutra, il filo rosso che durante la Pujia di apertura del corso mi avevano legato al polso sinistro, simbolo del mio impegno e di quello dei miei insegnanti, mi si è sfilato. Durante il viaggio di ritorno avevo chiesto a Lalit per quanto tempo avrei dovuto tenerlo e lui mi aveva risposto che sarebbe caduto da solo al momento giusto. Immaginavo si sarebbe rotto, ma invece è semplicemente venuto via, senza traumi, senza rimpianti. L'ho conservato in una scatola, ancora rosso e intero come il primo giorno. Tempo di concludere i post, tirando i fili conclusivi di questo percorso indiano. Vi rimando a uno dei post iniziali 'Yoga, perchè?' e saltati gli otto arti, mi rimetto all'esperienza del mio insegnante: Lo Yoga E' Disciplina. Prima di partire abbiamo imparato dell'esistenza degli otto arti e crediamo di sapere tutta la teoria. Abbiamo un carnet nutrito di asana, che sono la nostra sicurezza, la nostra presentazione. Il certificato è la nostra motivazione e ci incamminiamo, sicuri che qualunque cosa succeda in quel mese, arriveremo. Durante questo mese qualcuno ha lasciato a metà strada, altri sono arrivati alla fine e hanno rinnegato tutto il percorso, incapaci di aver a che fare con la disciplina ferrea che per quattro settimane hanno tollerato a denti stretti. Leggendo un capitolo per la classe di filosofia sono incappata in questa frase: 'Non lasciare che il frutto delle tue azioni sia la tua motivazione', Bhagavad Gita. In realtà non sai cosa sia motivazione fino a che non senti la sveglia suonare tutti i giorni alle 5,40, fino a che non passi un mese seduto per terra, senza mai appoggiarti nè stendere le gambe, con quaranta gradi e il sudore che ti cola lungo la schiena. A nessuno interessa quanti equilibri sulle braccia tu sappia fare nè se sei capace di chiudere un loto. Importa invece che tutti giorni ti alzi al suono di quella sveglia e arrivi pulito e con la divisa fresca alla lezione di mantra e pranayama, che rispetti le ore di silenzio, accetti le correzioni e i consigli che ti vengono dati nella guida di una classe, anche se è già il tuo lavoro. E' questo il ruolo del tuo insegnate, con l'esempio pratico, darti una disciplina che ti guidi nella vita di tutti i giorni e che ti sostenga nei momenti difficili, quando magari tutto intorno crolla. Se gli insegnamenti sono stati trasmessi nel modo giusto, avrai sempre un codice di comportamento a cui aggrapparti fino a che la tempesta sia passata. E alla fine del corso, quando ricevi quel certificato tra le mani come una sorpresa perchè già dalla fine della prima settimana ti eri dimenticato di quella che era la tua meta iniziale, un bravo maestro ti lascia libero. Sicuro degli strumenti che ti ha trasmesso, ti spinge a volare da solo, incoraggiando la tua indipendenza come allievo e come nuovo insegnate, divulgatore del suo lignaggio, ma con voce propria, in un rapporto all'insegna di fiducia e rispetto reciproci. Come il sutra che si scioglie, ma il cui significato profondo rimane: l'impegno a fare dello yoga uno stile di vita. 











Ringrazio tutti per la partecipazione, l'attenzione e il tempo che mi avete dedicato. Per i commenti lasciati su Blogger e Facebook, le mail, i messaggi su Whatsap, non immaginate quanto mi abbia dato coraggio la vostra presenza. E grazie anche ai lettori silenziosi, la cui vicinanza ho comunque sentito con me nel cuore. Questo è tutto, fino al prossimo viaggio. Buon Natale a tutti! Namastè.



martedì 9 dicembre 2014

If the mountain will not go to Lalit...



















Mi siedo al PC e comincio a scrivere crogiolandomi nella stabilità della connessione internet. So che non scomparirà sul più bello quando, dopo aver corretto l'ultima virgola, sarò pronta a pubblicare. Se i post dall'India hanno l'aspetto di pensieri scarabocchiati di getto senza riflettere troppo sulla forma, la colpa non è solo della montagna russa emotiva, ma anche e soprattutto della connessione ballerina.  Atterrati mercoledì notte dopo più di ventiquattrore, nelle quali siamo passati dai trenta e più gradi di Goa al freddino pre-natalizio di Cagliari, ci siamo ammalati entrambi. Il mio raffreddore estivo è sceso nei bronchi e dopo aver temporeggiato per tre giorni mi sono detta che nessuno mi avrebbe dato una medaglia per aver resistito all'antibiotico così sabato mattina alle 5,40, in preda a jetlag e attacco di tosse ho cominciato a curarmi. Giusto in tempo per l'inizio del seminario di ashtanga, poche ore dopo. Se la montagna non va a Maometto, Maometto andrà alla montagna: Lalit ci ha concesso qualche giorno del suo tempo per praticare insieme a noi, quelli che ormai chiama 'la sua famiglia italiana'. Per me è stato un atterraggio morbido, conclusione ideale del mese appena trascorso, una estensione della bolla yogica nella quale sono stata sospesa  per le ultime settimane. Ho aperto e trasformato casa in un ashram improvvisato, condividendo questi ultimi giorni con amici e compagni di cammino, di Cagliari e d' oltremare per praticare yoga e conoscere Lalit. Tre giorni di festa, circondata dal calore delle persone care che mi ha seguita fino in India e che ho poi trovato ad attendermi qui all'arrivo. Posso dire di essere atterrata solo oggi, con le lavatrici da fare, la roba che poco per volta recede nei cassetti e angoli in cui normalmente vive, l'albero di Natale e la spesa da organizzare e la ripresa dei corsi nei quali, per il mese di Novembre, Barbara e Alberto mi hanno generosamente sostituita (Namastè ragazzi, non so veramente come ringraziarvi _/\_ ). Alcune abitudini sono ancora quelle dell'India, le vecchie ancora difficili da riprendere. Le scarpe mi stanno strette, appena entro in casa le sfilo e le butto in un angolo, (per fortuna a lavoro sto scalza!), make up questo sconosciuto. Ci vorrà qualche giorno per lasciar sedimentare pensieri, sensazioni, e digerire il mese appena trascorso. Rimando l'ultimo post a quando sarò completamente sul fuso italiano.




mercoledì 3 dicembre 2014

Doha



























Riemergo in uno stato finalmente di veglia dopo la prima parte del viaggio nella quale ho camminato nel sonno. Normalmente sono una persona attenta, soprattutto quando viaggio, ma questa mattina (ieri notte?) alla partenza da Goa proprio non c'ero. Per fortuna avevo gli angeli custodi, Lalit e Maeve, che viaggiavano con me. Lasciato il centro a mezzanotte, siamo arrivati in aeroporto dopo un'ora di macchina. Questa volta ero preparata e non mi sono più sconvolta alla vista delle mucche per strada e dei villaggi di capanne al limite della giungla, almeno per i primi venti minuti, poi devo essermi addormentata. Arrivati in aeroporto, caos di macchine, gente e animali, ci siamo messi in fila per entrare. In India solo chi viaggia è autorizzato a entrare dentro l'aeroporto per cui il biglietto viene controllato all'ingresso. Passata Maeve, è stato il mio turno di mostrare il mio biglietto elettronico, che la poliziotta alla porta però non ha gradito. 'Il Suo volo non esiste, non può entrare.' Panico. Ho cercato di farle vedere che fosse tutto regolare, ma non ne voleva sapere. Dopo le prime due battute ero pronta a saltarle alla gola quando per fortuna è intervenuto Lalit che con le buone e il sorriso le ha fatto capire che si sbagliava. Siamo passati, ma a quel punto tra stanchezza e panico la testa non mi funzionava più. Lalit mi ha preso passaporto e biglietto (ebbene si, ho lasciato il passaporto nelle mani di qualcun altro!) e ha preso il comando, facendo lui il check-in e il controllo delle valigie ai raggi X, ridandomi i documenti solo al momento dei controlli di sicurezza. Non mi restava che seguirlo docile come una moglie indiana! Nella sala d'imbarco mi sono bruciata con il caffè bollente che ho offerto con le mie ultime rupie e Maeve mi ha fasciato la mano con la sua sciarpa dopo averla bagnata d'acqua fredda. Mentre, finalmente un po' più presente, ma mica tanto, sorseggiavo il caffè bollente seguito da un Mars (che solo in momenti di estrema debolezza in vita mia mi sono concessa, ricordo uno degli ultimi durante una camminata di un giorno in Nuova Zelanda ad Abel Tasman Park), ho visto un ratto enorme che girava sotto le sedie. In momenti migliori sarei schizzata via insieme alla tazza di caffè, oggi sono rimasta impassibile. Il primo volo è passato in uno stato di dormiveglia, siamo arrivati a Doha senza che me ne rendessi conto. Maeve ci ha lasciati di corsa per prendere la coincidenza per Londra, io e Lalit avevamo sei ore da aspettare per il volo per Roma. Stavo per rassegnarmi a passare il tempo su una panchina, ma il mio compagno di viaggio è per fortuna più sveglio (in tutti i sensi) di me, 'Sei matta?! Vediamo se ci danno una stanza!' E ovviamente aveva ragione lui. Ufficialmente Qatar Airways passa in cima alla lista delle mie compagnie aeree preferite, camera e colazione, courtesy della compagnia aerea che si scusa per la lunga attesa della coincidenza. Dopo aver dormito tre ore, fatta doccia e colazione, finalmente ci sono. Ovviamente il risveglio ha anche portato come controindicazione il rendersi conto, in un ambiente come questo dopo un mese di giungla, quanto i miei vestiti siano sporchi e di quanto urgente bisogno ho di andare ad aggiustarmi i capelli. Pellegrina ma riposata mi appresto a iniziare la seconda parte del viaggio di ventiquattro ore che porterà me e Guruji a Cagliari!

lunedì 1 dicembre 2014

Graduation!

























Finito! Sono ufficialmente un'insegnante di ashtanga yoga. Ultima prova pratica questa mattina, aperta da Pema in maniera inaspettata, con un riscaldamento che senza accorgercene, con qualche pennellata della sua fantasia e grande sensibilità ha trasformato in una danza indiana. Uno di quei momenti di puro genio quando movimenti ripetuti centinaia di volte prima, con un ritmo diverso e qualche piccolo cambiamento si trasformano completamente. La classe ha reagito con una bella risata catartica, compresi noi, compagni di esame che non sapevamo nulla delle sue intenzioni. Da lì l'energia è salita, dimenticate le ossa rotte delle prove di esame precedenti in cui tutti a turno ci siamo prestati a fare da cavie, siamo riusciti a mettere insieme una classe dinamica che tutti, insegnanti compresi, hanno apprezzato. La sessione si è conclusa con Simone alla guida, che ha finito con venticinque respiri in loto e massaggio al momento del rilassamento che in occasione dell'ultima pratica, abbiamo ripetuto ciascuno su due compagni, cercando di 'spread the love' e ringraziarli per essersi prestati ad essere aggiustati e tirati nelle posizioni. Dopo colazione c'è stata la puja, la cerimonia finale condotta dal sacerdote bramino, che ha ufficialmente concluso il TT200. A fine mattina c'è stata la consegna dei diplomi e ciascuno ha ricevuto un feedback scritto individuale, dettagliato, con tanto di voti e commenti personalizzati. Ho scorso il mio in fretta, scannerizzando il documento per parole chiave, cercando conferma di punti di forza e rassicurazione per quelli deboli. Alla fine una frase che ha avuto un eco profondo dentro di me 'Da parte di tutto il team, grazie per aver messo da parte tutto quello che sai, la tua conoscenza chiaramente profonda della materia, e di aver accettato per tutta la durata del corso di essere plasmata da zero.' E' stato come se un macigno mi venisse sollevato dal cuore, o dallo stomaco, (qualcosa a che fare con anahata chakra comunque!), mi sono sentita libera. Non mi ero accorta durante tutto il mese di quanto sia stato difficile mettere da parte l'ego, anzi dimenticarmelo proprio, e accettare correzioni e cambi di prospettiva. Situazioni in cui sapevo benissimo che un aggiustamento di una postura o l'uso di una tecnica fosse corretto perchè già imparato da un ottimo maestro, ma che non corrispondeva al protocollo a cui ci hanno chiesto di attenerci alla lettera. A volte per distrazione, altre per esasperazione, per ego, per desiderio di affermare la mia individualità, ho ripetuto gesti abituali, che uso quotidianamente nel mio lavoro di insegnate di yoga, e sono stata corretta, riportata sugli schemi di Himalaya Yoga Valley. Una 'correzione sul corretto', che sul momento ho accettato di buon grado, senza rendermi conto di quanto mi pesasse abbassare la testa e ricominciare. Uno di quei casi in cui quando ti trovi in una situazione, stringi e denti e vai avanti, ma quando finisci e ti guardi indietro ti rendi conto di quanta fatica ti sia costato percorrere quella strada.
Dopo la consegna dei diplomi, lacrime, foto e abbracci, ci siamo sparpagliati per il villaggio, alcuni alla ricerca degli ultimi raggi di sole prima di tornare alla neve di casa, altri a fare gli ultimi acquisti, una minoranza alla ricerca di fresco, riposo e una connessione internet. Con un mal di testa feroce scrivo queste prime impressioni da 'post-graduate' mentre Pema disegna affianco a me e John e Adam suonano seduti al tavolo vicino, con Klara, Doris e Marianne sdraiate su divani e cuscini per terra. Con il sole spero se ne andrà anche il mal di testa, questa sera festeggiamo da Cafè Nu, un locale fino ad oggi considerato fuori dalla portata delle nostre tasche (15E per una cena contro i 4E degli altri posti). Molti giurano che sarà la fine della dieta alcool-free a cui ci siamo di buon grado impegnati durante questo mese. Un primo passo verso il ritorno alla vita normale.Ancora trentasei ore e sarò sulla strada di casa :-)