mercoledì 25 giugno 2025

Tra Cicale e Lucciole (between a rock and a hard place)



… Ovvero la vita dell’insegnante di Yoga, con la valigia in mano, divisa tra le classi in shala e la condizione permanente di studente che consente di non inaridirsi, portare nuova linfa all’insegnamento e agli allievi e di mantenere una pratica personale.

Agriturismo Ca le Suore vicino a Cagli è una gemma incastonata nelle colline marchigiane, un antico borgo contadino dove il tempo si ferma e il mondo là fuori non esiste più. Poca connettività, tanto verde, la colonna sonora della giornata sono le cicale che, calata la sera, lasciano la scena al concerto dei grilli e alla danza delle lucciole. E’ questo il luogo che 25 anni fa Lino Miele scelse per i suoi ritiri e da allora, immancabilmente ogni anno, l’appuntamento è per il fine settimana del 25 Aprile- 1 Maggio e per le ultime due settimane di Giugno. Ho già visto il posto diverse volte in primavera e poi in autunno quando qualche anno fa ho fatto l’in-depth, il corso intensivo in cui ogni imprecisato numero di anni Lino forma nuovi collaboratori. E’ la prima volta che vedo Ca Le Suore d’Estate. Raggiungerlo dalla Sardegna non è uno scherzo, ogni volta mi dico immancabilmente che arrivo prima in India, ragione per cui i miei appuntamenti con Ca le Suore accadono ogni 2-3 anni. Il viaggio vuol dire Cagliari-Roma, per me fino ad ora in aereo, e poi da Roma attraversare l’Italia in diagonale per arrivare in provincia di Pesaro e Urbino. Con i mezzi pubblici è un viaggio di quasi un giorno, in macchina, affittata o grazie a un passaggio come questa volta, ci vogliono quasi 4 ore. E’ lunga, ma quando dopo l’ultimo pezzo sulle strade sterrate di campagna dall’alto della collina si vede l’antico borgo contadino di Ca le Suore, cuore e respiro si allargano e la sensazione è quella di tornare a casa.

Il posto è gestito dalle proprietarie, le Signore della famiglia Mochi che ci coccolano con i loro leggendari buffet vegetariani a colazione, pranzo e cena, una festa per occhi e palato creata per nutrire al meglio la nostra pratica sul tappetino. Siamo sistemati nelle antiche casette che erano l’alloggio dei contadini, arredate per la maggior parte con i mobili originali d’epoca, circondati da vigne e alberi da frutto, noci, fichi, gelsi e cespugli di erbe aromatiche e lavanda che profumano l’aria. Dividiamo la camera con un compagno di pratica e spesso anche nel piccolo soggiorno di ciascun appartamento è sistemato un letto per un altro praticante. Questo richiede cooperazione e rispetto di abitudini e spazi reciproci, un vero e proprio test delle qualità yogiche che cerchiamo di affinare attraverso la pratica di posture e respiro. Siamo in un vero e proprio ritiro, una settimana intera dedicata all'Ashtanga Yoga, dove gli appuntamenti in shala sono la mattina per la pratica, il pomeriggio per incontri a tema e pranayama con Lino, e la sera meditazione prima di ritirarsi in silenzio. Si mangia insieme, gli spazi comuni sono ampi ma circoscritti, la vita in comune tanta, ma ci sono tempi e spazi per isolarsi e raccogliersi in solitudine quando tutto diventa troppo intenso. La sveglia suona alle 5,00, la pratica comincia alle 6,00. Per noi assistenti alla pratica segue l’aiuto in shala fino a che c’è bisogno e poi colazione. Il resto della mattina è nostro, si fa il bucato e ci si rilassa in piscina o si va al fiume per immergersi nell’acqua gelata che fa miracoli per le articolazioni infiammate. Il ritmo della giornata è scandito dal gong che annuncia pranzo e cena, ma anche i rientri in shala per le varie attività.

Sembra una condizione idilliaca, e lo è, per gli allievi sicuramente. La vita dell’insegnante di Yoga con la valigia in mano sembra infinitamente desiderabile, chiaramente non tutti seguono tutte le tappe, ma potendo le possibilità sono tante: da fine Novembre a fine Gennaio in India, Giugno le colline marchigiane, Aprile Buenos Aires, Ottobre, Novembre e Marzo Roma o Milano, Agosto il casale a Tuscania… però c’è sempre un lato oscuro. Come le lucciole che qui a centinaia illuminano l’oscurità quando cala il sole, bellissime da lontano, ma in realtà una volta viste da vicino non sono poi così carine.

La prima cosa che Lino ci disse all’in depth study del 2020, l’ultimo fino ad ora e quello a cui ho partecipato, è stata ‘Insegnare Yoga è un servizio, tenetelo bene a mente, e la vostra pratica sarà la prima a soffrirne.’ Non vuol dire servizio gratuito, anche l’insegnante di Yoga deve vivere, ma prendendo questo impegno un insegnante di Ashtanga Yoga si impegna a trasmettere agli allievi una pratica che va oltre le posture sul tappetino, ma è uno uno stile di vita trasmesso con il proprio esempio. Si impegna inoltre a un cammino di formazione continua a beneficio degli allievi, di cui il certificato di abilitazione all’insegnamento è solo il primo passo. Vuol dire impegnare gran parte del tempo libero e risorse nella formazione, stare alla disciplina della scuola con tutte le sue regole e accettare la pratica sul tappetino come un’abitudine giornaliera, al pari di mangiare e dormire quotidianamente. A meno di non vivere in una bolla yogica dove tutto il contesto intorno vive così, questo richiede un continuo compromesso tra stile di vita yogico e abitudini di famiglia e amici che di quel mondo non fanno parte e una danza continua di energie impiegate per l’insegnamento e riservate per la propria pratica personale. A meno di non avere collaboratori vuol dire praticare in solitaria, senza aggiustamenti che facciano progredire perché ‘la pratica non rende perfetti, ma permanenti’. Un errore o mezza postura ripetuti diventano struttura che poi va demolita e ricostruita correttamente quando si ha la possibilità di ricevere una correzione.  

Il mio anno lavorativo è come quello scolastico, inizia a Settembre e finisce con l’Estate, quando la shala chiude ad Agosto. Da primavera in poi le energie cominciano a scarseggiare, i dolori articolari a farsi sentire con infiammazioni a gomiti e spalle dovute al fatto che spesso mi trovo a reggere pesi superiori al mio perché l’insegnamento viene prima di tutto. In questo periodo dell’anno la pratica torna indietro e spesso non va oltre la Prima Serie che ha proprio la funzione di guarire il corpo fisico. Mi guardo intorno in shala a Ca le Suore, facendo assistenza come sempre alternandomi a turno con altri colleghi, prima si pratica e poi si assiste e viceversa, e mi sento meno sola, tutti quelli che hanno parecchie ore di insegnamento alle spalle sembrano soffrire degli stessi dolori e condividono la mia esperienza. Non è un caso che a questo ritiro siamo in tanti tra i collaboratori di Lino: oltre alla cornice di Ca le Suore e i buffet spettacolari è la possibilità di essere allievi che ci attira. Esserci gli uni per gli altri, aggiustandoci solo dove necessario, consapevoli che il corpo è stanco e spesso lo spirito pure perché l’anno lavorativo magari ha portato non solo tante ore di insegnamento, ma anche momenti difficili. Servizio prima di tutto, a scapito di articolazioni e pratica personale, almeno se si crede in questa disciplina come a una possibilità di cambiare il mondo e offrire un’alternativa a comportamenti tossici per se stessi e per la società, creando così interazioni migliori e un mondo migliore per tutti. Accettare quello che arriva ogni giorno sul tappetino è parte del percorso, il passo indietro e la pausa a volte sono necessari per farne poi due avanti, basta non scoraggiarsi e prendere la cosa con un po' di leggerezza, come le cicale e il grazioso volo delle lucciole. 

























 



sabato 25 gennaio 2025

Tutte le strade portano a...


Le 5AM, dopo essermi rigirata nel letto per un'ora la do vinta al jetlag, mi preparo un caffè e apro il PC. Ancora resisto a scrivania e sedia, con le gambe incrociate e un cuscino sopra a farmi da tavolino, mi siedo sul divano, nella stessa posizione di Kovalam, cercando ispirazione per tirare le fila e chiudere così queste tre settimane e parte di diario di viaggio cominciato ben 18 anni fa, per chi ha voglia di andare a leggere così indietro. Secondo il widget in basso a destra siamo infatti ancora in viaggio, e certamente così è che mi sento, perennemente in cammino. 

Partita dal Peacock hotel alle 5 del pomeriggio di giovedì sera con un ansiossimo Bijoy che mi chiedeva di ricontrollare per l'ennesima volta di aver preso passaporto, carta di credito e stampa del biglietto e mi raccomandava di madargli un messaggio appena fossi arrivata in Italia - gli ho detto 'ma sei peggio di mia mamma?!' cosa che l'ha fatto molto ridere -  sono salita sul taxi di Mr Thambi, il cugino di Bijoy ed è iniziata la mia lunga strada verso casa. Denise, Gary, Massimo e Desirèe mi salutavano sul cancello mentre Lino si affacciava dalla terrazza della shala. 

Agli indiani piacciono i timbri, anche di più che a noi in Italia. Sulla porta d'ingresso al terminal dell'aeroporto, poliziotti armati controllano documenti e biglietti: in aeroporto entra solo chi quel giorno deve viaggiare. Al controllo passaporti capita che ancora una volta ti chiedano quale fosse il proposito del tuo soggiorno, dove alloggiassi e se così gli gira anche indirizzo e numero di telefono della struttura. Il poliziotto che ha controllato il mio passaporto insisteva che leggessi una riga dell'ultima pagina e mi chiedeva 'cosa vuol dire?' Non sapevo cosa dirgli, tranne che non lo sapevo e lui insisteva 'non è la tua lingua?' ... e non lo era. Dopo un po' gli ho chiesto 'posso andare adesso?' e mi ha fatto passare. Con calma più tardi ho controllato meglio e realizzato che la terza riga dell'ultima pagina del passaporto italiano che il poliziotto inisteva traducessi 'Tento pas ma 48 stran' era la versione il lingua Ceca della prima, che lui aveva ignorato ed io ero troppo agitata per notare: 'questo passaporto contiene 48 pagine.' Passati i controlli di sicurezza, ho ordinato un ultimo masala chai alla sala d'imbarco insieme ad Elisa, una compagna yogin che anche lei per caso viaggiava quella sera, e poco dopo mi sono imbarcata. Ho cercato di tenere il conto di quante volte siano stati controllati i documenti e timbrata la carta d'imbarco prima di arrivare alla mia poltrona sull'aereo, credo di averne contate otto e me ne manca di sicuro qualcuna. So solo che sul pontile d'imbarco, sebbene fossi in posizione assolutamente regolare e il massimo che trasportassi fosse una quantità esagerata di spezie, cominciavano a venirmi in mente scene dal film Argo-f***-yourself. 

Il resto del viaggio è andato liscio, sono riuscita a distribuire bene i miei quasi 40kg di bagaglio evitando di pagare l'eccesso e arrivata a Roma ho anticipato il volo per Cagliari, cosa che ha ritardato il mio primo caffè espresso perchè sono dovuta correre al gate, ma mi ha fatto arrivare a casa prima, riducendo le ore di viaggio ad appena 20. Come sempre tornare è un misto di emozioni e cambi di prospettiva che generano una confusione di pensieri e sensazioni. Ti rendi conto di come non sia per nulla scontato poter bere liberamente l'acqua del rubinetto, che la macchinetta del caffè che normalmente con gesti pigri e automatici utilizzi più volte al giorno sia in realtà un lusso, così come la lavatrice sempre a disposizione. E ad attendermi anche cose meno piacevoli come un avviso di raccomandata nella buchetta delle lettere e il bollo delle macchina da pagare. Siamo ben lontani dalla semplicità della soddisfazione dei bisogni primari di Kovalm, diciamo che l'energia si sposta dai primi chakra a quelli superiori in un modo per il quale, a ventiquattro ore dal mio atterraggio in Italia, non sono ancora pronta.

Il mio cammino è in evoluzione, anche nel mondo dello Yoga, ma più vado avanti più mi viene confermato che al di là delle tecniche, la base, la sostanza, il nucleo profondo e il significato di Yoga è sempre lo stesso. Per questo motivo, sorpresa dal fatto che la conclusione a cui ero arrivata 10 anni fa si riconfermi percisamente anche alla fine di questa esperienza, a costo di peccare di autoreferenzialità rimando chi abbia voglia di leggere al post che scrissi alla fine delle prime 200 ore a Goa nel 2014. Lo avevo dimenticato anche io e per curiosità sono andata a rileggerlo  oggi:  https://letiziaaresu.blogspot.com/2014/12/yoga-e.html (per arrivare alla fine del post bisogna andare oltre le fotografie, all'epoca le inframezzavo al testo, anche la tecnica di blogging è in evoluzione come tutto il resto!). Diverse strade, diversi insegnanti, diverse tecniche, ma sempre lo stesso fine: Yoga è disciplina. Uno stile di vita, un impegno verso se stessi e verso i propri insegnanti. A nessuno interessa se tu sappia chiudere un loto o quali acrobazie sappia fare, quello che conta è presentarsi sul tappetino, puntuale e pulito, e accogliere quello che viene ogni giorno. Devi accettare correzioni e consigli, rispettare il lignaggio gli insegnanti che a quella tradizione ti hanno introdotto. Sempre onorare la fonte e portare avanti con umiltà uno stile di vita che sia di ispirazione per chi fa fatica a stare a galla e si trovi a disagio in un mondo del quale non riconosce più i valori. Il fine ultimo non è solo quello di stare bene individualmente, ma di creare interazioni migliori in modo da andare là fuori e rendere il mondo un posto migliore per tutti.

Per adesso è tutto. Ringrazio chi in queste settimane mi è stato vicino, ha avuto la pazienza di leggermi e lasciarmi un commento, qui, su whatsapp o di persona. Ringrazio i lettori silenziosi la cui presenza  geograficamente e in numero percepisco grazie a Google analytics. Ringrazio i miei compagni di viaggio in queste tre settimane, chi ha vissuto e condiviso con me shala, respiri, aggiustamenti, Manchurian gobi, lassies, storie di vita e strade di Kovalam Beach. Ringrazio i miei insegnanti Lino, Rossana e Desirèe per la guida ferma e amorevole, e per la fiducia che continuano a dimostrarmi. Ringrazio Manu e Denise, compagne di avventure yogiche e di vita, che se non mi avessero mai incontrata si sarebbero risparmiate l'essere trascinate dall'altra parte del mondo rimanendo comode a casa loro, scusate ragazze! Grazie ad Ale che ha tenuto accesa la fiamma in shala a Cagliari con le guidate e aprendo al gruppo Mysore in autogestione, a Brendan che sopporta la mia inquietudine, mi aspetta e accudisce amorevolmente le pelosette durante le mie trasferte... E adesso che anche loro mi hanno perdonata per la lunga assenza posso dire di essere tornata a casa: due giorni per riprendermi dal jetlag e ci vediamo lunedì in shala :-) 






  


 


It is hard to fly when something is weighing you down






giovedì 23 gennaio 2025

Amma India



Mamma India, perfetta nella sua imperfezione, con le sue contraddizioni, i suoi eccessi e le sue mancanze, o si ama o si odia. Conosco diversi che dopo un primo viaggio hanno detto 'mai più', altri che senza neppure venire a vedere di persona hanno deciso che per un motivo o l'altro non fa per loro. Diciamo che le mancanze, rapportate al nostro modo di vivere in occidente, sono tante, ma ampiamente compensate da altre cose che in occidente abbiamo perso o forse non sono mai esistite. Avvicinando gli indiani a livello personale ti ricevono come un amico, condividendo tutto quello che hanno e aprendoti le loro case, come in Sardegna. Incontrandoli da turista spesso ti vedono come un portafogli con le gambe e cercano di venderti l'impossibile in maniera abbastanza insistente. Grandi negoziatori, alla fine la spuntano sempre e ti ritrovi con una quantità di parei e pochettes di cui proprio non avevi bisogno. Se sei in difficoltà però, amico o turista, si fanno in quattro per aiutarti e spesso se non hai i soldi per pagare ti dicono 'non importa, me li darai domani' anche se sei un perfetto sconosciuto.

Qualche giorno fa durante un acquazzone tropicale verso le nove di sera, dal mio letto sentivo degli scoppi di fuochi d'artificio e dalle tende tirate vedevo dei lampi. Affacciandomi sul ballatoio ho visto che alcuni fili elettrici davanti alla mia stanza, mossi dal vento ogni tanto facevano contatto causando le esplosioni che mi tenevano sveglia. Sono corsa giù in piagiama a cercare Bijoy, il manager del Peacock Hotel, che è accorso e mi ha assicurato che avrebbe fatto subito intervenire il tecnico. Un'ora dopo le esplosioni continuavano a intervalli di venti minuti o poco meno, una bella seccatura per chi deve alzarsi alle 4,30 la mattina dopo! Mi sono messa i tappi nelle orecchie, girata dall'altra parte e mi sono addormentata. L'intervento del tecnico ha avuto tempi indiani -non si è presentato prima della mattina successiva, con calma - ma uscendo dalla stanza alle 5 del mattino ho visto che Bijoy dormiva sul pianerottolo per tenere d'occhio la situazione. 

Il concetto di pulizia è molto diverso dal nostro - ho passato i primi tre giorni a rimuovere dal pavimento chiaro della mia stanza i capelli del o dei precedenti occupanti - La doccia non ha piatto doccia nè tenda o parteti per cui ogni volta che la si usa si allaga il bagno e una volta finito bisogna dirigere l'acqua nello scolo con uno scaccia acqua che si usa anche per fare le pulizie. Nei posti si entra scalzi, anche nei negozi, le scarpe si lasciano fuori dalla porta o nel nostro caso proprio nel cortile dall'albergo. Questo vuol dire che bisogna lavarsi i piedi in continuazione a meno di non creare un pantano di fango ovunque. Un paio di volte ho avuto il bagno infestato da formiconi rossi che entravano dalle prese d'aria. Niente di sconvolgente per chi viene dalla Sardegna e ogni anno al mare è abituato alla lotta alle formiche, ma ho dovuto chiamare Bijoy, erano troppe per eliminarle una per volta. Colpa mia che avevo lasciato una buccia di banana nel cestino dei rifiuti, mai portare cibo in camera, c'è un motivo. 

Gli animali serenamente convivono con le persone senza darsi fastidio a vicenda. I cani randagi sono ben nutriti e vanno dove gli pare, spesso si addormentano sotto i lettini in spiaggia in cerca di un po' di fresco e nessuno li caccia. Gli uccelli sono ovunque, gli scoiattoli pure... e anche i topi. Pochi giorni fa con Manu e Denise, mentre chiacchieravamo davanti a un cappuccino al cardamomo sedute sulla terrazza del Beatles cafè abbiamo visto un ratto che pascolava sotto i tavoli poco distanti da noi. Non ci siamo scomposte e il ratto se ne è andato per i fatti suoi. Le zanzare sono fastidiose, peggio che a casa, piccole e silenziose, ogni tanto le vedi ma raramente riesci ad acchiapparle e siamo tutti pieni di pizzichi. Ogni tanto per strada si incrocia qualche mucca e qualche capra che vanno per i fatti loro chissà dove. 

Amma India ti avvolge in un abbraccio che sa di spezie e rifiuti bruciati a bordo strada, nutre il tuo corpo con thali serviti su foglie di banano e il tuo spirito con tramonti rosati, però sul più bello ti toglie la corrente e perdi quello che avevi scritto sul blog! E' un universo a sè, con regole non scritte che in qualche modo funzionano, basta imparare il codice, adeguarsi e tutto scorre liscio. Ha diverse mancanze, ma un modo tutto suo di farsele perdonare che, personalemente, me la fa amare ancora di più.




I fili elettrici dei fuochi d'artificio


Peacock Hotel for the bold and the beautiful








martedì 21 gennaio 2025

Di sudore, respiro e altre cose




Adesso fa veramente caldo. Rispetto alle prime due, sembra che in questa terza settimana qualcuno abbia alzato il termostato in Kerala e sebbene ci siano diversi giorni grigi e qualche pioggia, la temperatura è più alta, così come il tasso di umidità. L'aspetto positivo è che abbiamo una pelle bellissima e naturalmente idratata, ma sul tappetino anche alle 5,30Am dopo tre saluti al sole si è già completamente fradici. Durante la pratica spesso bisogna fermarsi e asciugarsi con un asciugamano apposta, così da tenere pulito quello per essere aggiustati dagli insegnanti. Gli allievi sono di meno, ma anche gli insegnanti. Due notti fa è ripartita Rossana e negli ultimi giorni anche Maria e Alessandra, due delle assistenti, sono tornate in Italia - così come la settimana prima Lella e Carmen. In shala rimangono Lino e Desirèe e come assistenti Fabrizio, Daniele, Marcello, io, Stefania, Simona e Adele. C'è un bel clima in shala, funzioniamo bene insieme, efficaci con gli allievi senza pestarci i piedi, senza bisogno di parlare, basta uno scambio di sguardi e tra tutti riusciamo a coprire tutta la shala, dedicando a ciascun allievo la giusta attenzione. Non è una cosa scontata, e non è sempre così, ma questa volta la sinergia è molto bella. 

Ieri mattina ho avuto un calo di pressione e mi sono fermata alla Prima Serie, Lino mi ha mandata a riposare senza nenache fare i ponti, assistere dopo nenache a parlarne. Ho passato la giornata a reidratarmi, al fresco e a riposo, oggi per fortuna sono nuovamente operativa. Non mi lamento, considerato che ogni volta che sono stata in India mi sono ammalata, cosa che mi ha costretta a stare buona e ferma per diversi giorni e a fare terapia antibiotica, questa volta pare essere cosa da poco. Nella seconda settimana ho prima praticato e poi aggiustato, domani si cambia. Per chi pratica in stile Mysore è chiaro come si svolga una classe e cosa voglia dire aggiustare, ma chi pratica nelle classi guidate o chi non pratica affatto non sa di cosa parlo. Ashtanga Vinyasa Yoga si pratica tradizionalemente in stile Mysore, ovvero ogni allievo pratica la sequenza in autonomia, sempre la stessa che però con il tempo e il livello di esperienza diventa sempre più lunga. All'interno di una stessa classe ci sono allievi con una pratica consolidata di 10 anni o più e allievi che appena si affacciano a questo mondo, ciascuno che pratica la stessa sequenza al ritmo del proprio respiro mentre l'insegnante, o come qui a Kovalam gli insegnanti, girano per la shala aggiustando gli allievi fisicamente e aiutandoli nelle posture. Così come una stessa postura può essere fatta a livello principiante o più avanzato, anche gli aggiustamenti si differenziano a seconda del corpo che ci si trova davanti e servono a sostenere, facilitare o enfatizzare una postura, a seconda del caso specifico. E' un lavoro che comporta un contatto fisico stretto, in cui c'è uno scambio di energia fisica ed emotiva, che richiede rispetto reciproco e fiducia nelle mani dell'insegnante che quella fiducia deve meritarsi. L'allievo deve lasciarsi andare e arrendersi all'aggiustamento e l'insegnante deve essere totalmente consapevole di potenzialità e limiti del corpo che ha davanti, entrando in punta di piedi in quello spazio sacro, fisico ed emotivo, che è il tappetino dell'allievo.  Non si parla nelle classi in stile Mysore, gli scambi verbali sono ridotti al minimo e sottovoce, tranne quando Lino chiama gli allievi per entrare in shala e sistemarsi sul loro tappetino nel posto da lui indicato. Quando la shala si riempie del respiro di cinquanta, sessanta persone alla volta l'energia è altissima e il suono del respiro di una potenza che riempie tutto lo spazio sonoro, aiutando a favorire quella concentrazione che tiene la classe totalmente nel momento presente e dona alla pratica delle posture la qualità di meditazione in movimento.   

Oggi, quando gli ultimi praticanti in stile Mysore stavano finendo, mentre Desirèe faceva una classe guidata per quattro persone in inglese come al solito, io assistevo una ragazza russa che non parlava altro che russo e francese. Un po' arrugginite, lei con la sequenza che non ricordava e io con il francese nel guidarla, siamo arrivate alla mezza serie senza intoppi. Alla fine si è sdraiata sul tappetino ringraziandomi con un gran sorriso. Sono quei momenti che, da insegnante, si percepisce una connessione profonda e ti aprono il cuore.

Dopo che l'insegnante passa tre, quattro o più ore in shala lavorando in questo modo ha bisogno di isolarsi e rigenerarsi. Una lunga doccia è la prima cosa, seguita da una colazione gratificante e poi ciascuno ha i suoi meccanismi per liberarsi dell'energia di cui ti caricano gli allievi e riprendersi la propria. Il mio è quello di essere vicino al mare. Non necessariamente per immergermi, mi basta guardarlo, sentirne il suono e perdermi con lo sguardo, dissolvendomi come una goccia nella sua immensità. Così faccio a Kovalam Beach, sdraiata sul lettino sotto l'ombrellone o davanti a un caffè alla German Bakery dalla cui terrazza al primo piano si ha una visuale su tutta la spiaggia e lo sguardo si perde all'orizzonte sul Mar d'Arabia. Ti ridò ciò che è tuo, mi riprendo ciò che è mio e torno così ad una condizione di omeostasi, pronta per la prossima classe. 


 






domenica 19 gennaio 2025

Indian Delights

Thali

Chi mi conosce bene sa che in un'altra vita ho cucinato professionalmente. E' successo quasi per caso quando la mia amica Cookinglaura ha avuto bisogno di aiuto nelle sue avventure cuilnarie prima di aprire il ristorante, momento in cui le nostre strade si sono divise ma non prima di aver imparato tanto da lei. In realtà il mio amore per il cibo nasce da prima, pasticciando in cucina con le nonne, cucinando per famiglia e amici, vivendo sempre la preparazione del cibo come un atto d'amore verso chi a quei piatti è destinato, come un modo di dimostrare quell'amore al di là delle parole. E il cibo è sempre stato un mezzo per conoscere altre culture, immergermici a livello profondo, sia da residente come Irlanda, Francia, Belgio, Germania, sia da viaggiatrice. Questa cosa deve essere parte di me, scritta nel mio DNA, tanto che da bambina di meno di dieci anni, quando i nonni andarono in Cina nei primi anni ottanta, chiesi a nonna di scriversi la descrizione di tutto quello che avrebbe mangiato, cosa che lei fece puntualmente e puntualmente mi riferì. Ricordo pomeriggi interi a esaminare i suoi appunti di viaggio, ascoltando da lei i dettagli che non mi bastavano mai 'anatra caramellata? ma come?!' Così come un'altra fonte di meraviglia erano i libri della Banda dei Cinque di Enid Blyton dove, appartenendo alla generazione di Italiani allevata a merendine del Mulino Bianco e caffellatte ogni mattina, le descrizioni minuziose delle colazioni all'inglese evocavano modi di vivere esotici e infinitamente più interessanti... uova a colazione WOW!

Tutto questo per dire che tra un gennaio e l'altro continuo a ripetere 'non vedo l'ora di ritornare in India, fosse anche solo per mangiare.' E quando, a un mese dal ritorno, ogni anno puntualmente, nostalgica e speranzosa, ordino il primo takeaway indiano, puntualmente mi incazzo. A casa, con le spezie che sempre trovano spazio nella valigia anche se stracolma, cerco di replicare qualcosa di quello che ho gustato nel mio soggiorno in India, ma il risultato è sempre una pallida imitazione dell'originale. Speziato non vuol dire necessariamente piccante, ma da principiante il rischio è che se le spezie non vengono dosate al grammo, tutto finisce per avere lo stesso sapore, come da quelle pestilenziali boccette di curry giallo che troviamo al supermercato. 

E c'è una ricetta che io, Manu e Denise adoriamo non sono mai riuscita a replicare: Gobi Manchurian. Cominciamo da qui. E' un piatto indo-cinese che viene dalla zona di Calcutta. Si tratta di cavolfiore, fritto in pastella e condito con una salsa agrodolce a base di aceto, croccante ma morbido perchè avvolto nella salsa. Ricorda sia come sapore che consistenza il maiale in agrodolce che servivano nei primi ristoranti cinesi, quando ancora si mangiava carne. Il coriandolo appena tagliato sparso sopra, da un tocco di freschezza finale, semplicemente perfetto. Dove la mamma non arriva, riesce invece la figlia. La mia secondogenita, Sara, produce una versione di tofu in agrodolce che ricorda molto da vicino il Gobi Manchurian. Attendo speranzosa che prima o poi si cimenti anche con il cavolfiore. Tra le cose che invece riesco a replicare con successo c'è il Masala Chai, il tè nero condito con una miscela di cannella, chiodi di garofano, semi di cardamomo, anice stellato, latte e zucchero. Sta bene sempre e comunque, da solo o a fine pasto, con il caldo come qui e con il freddo come quando tra qualche giorno tornerò a casa, Masala Chai è una garanzia.

Nel nostro ritmo qui a Kovalam Beach il pasto principale della giornata è il pranzo. Abbiamo imparato a ordinare in modo da condividre tutto e creare ogni volta una specie di thali sul piatto. Si può anche ordinare un Thali, cioè una composizione di tanti piccoli assaggi di vari curries, accompagnato da riso e poppadom, un pane sottile come una patatina fritta, ma in quel caso non si possono scegliere i vari gusti, arriva quello che hanno cucinato quel giorno, a differenza di quando invece ordiniamo scegliendo noi i piatti da condividere. Non è mai un problema, fino ad ora il thali non ha mai deluso! Curry vuol dire miscela di spezie, così come masala, ma a seconda degli ingredienti che va a condire, la miscela viene modificata dando così vita a piatti estremamente vari, alcuni decisamente piccanti, altri per nulla, come ad esempio i korma, quelli in cui la miscela viene diluita nel latte di cocco o yogurt. Tra i sapori piccanti che adoro c'è il lime pickle, una specie di mostarda fortissima in cui il lime viene condito a pezzi interi con la buccia, che viene spesso dato di accompagnamento ai curries. Nel 2020 lime pickle ha avuto un ruolo importante nel mantenere aperte le mie vie aeree quando qui in India sono finita in ospedale con il covid. 

Stando un po' attenti a dove si mangia è possibile ordinare anche frutta e verdura fresche senza conseguenti mal di pancia. L'insalata di avocado, mango, jalapenos e coriandolo fresco è una delle nostre preferite e le macedonie di frutta fresca appena tagliata accompagnate da un budino di riso all'Hotel California spesso ci fanno da cena. Le noci di cocco fresco, aperte sul momento e bevute con la cannuccia sono un ottimo modo per reintegrare i sali minerali dopo aver sudato anche l'acqua del battesimo durante la pratica. Dappertutto nel villaggio si trovano bancarelle o signore sedute a bordo strada che per 20 rupie offrono le noci di cocco da bere. 

L'attività fisica intensa ci porta a sperimentare anche con altri preparati della cultura locale. Oltre ad amminoacidi, vitamine, magnesio, potassio e quant'altro ci portiamo da casa, qui integriamo allegramente con rimedi locali, rigorosamente acquistati in farmacia, per tenerci insieme. Lino consiglia Panion per i dolori, un potente antinfiammatorio ayurvedico a base di varie parti di piante che fa miracoli per muscoli e articolazioni e Shillajit per energia. Entrambi venduti in formato di pillole confezionate in blister e scatole di medicinali, leggendo i componenti si rimane un po' perplessi, nel panion si legge strychnos nux vomica - l'albero della stricnina- ma entrambi funzionano bene. Shillajit è ancora più sospetto, pare sia una resina, un concentrato di sali minerali che tradizionalmente è usato da queste parti dagli uomini per aumentare le prestazioni sessuali, ma recentemente ne è stata scoperta l'utilità anche per aumentare la resistenza durante l'attività fisica. Comunque sia il farmacista fa sempre una faccia un po' strana quando gruppetti di donne occidentali vanno tutte a chiedere Shillajit e ha imparato che Gennaio è il mese in cui stoccare extra scatole di Panion che regolarmente acquistiamo per riportare a casa e distribuire a chi, vedendoci ancora vive, si fida di provarlo. 

 
Samosas as they should be

Lime pickle

His Majesty. Masala Chai


Manchurian Gobi

More Manchurian Gobi, perchè non ce n'è mai abbastanza!


Vegetable fried rice



Butter paneer


Mango and avocado salad

Channa Masala, Chappati, Sechuan rice, palak paneer and crispy coconut potatoes


Rice pudding!


Palak paneer, vegetable korma, cucumber raita, garden salad and butter nan

                                    Coconut guy


Commercialiste in consulto al California Hotel


Cardamom cappuccino


Welcome to the Hotel California