sabato 29 marzo 2008

Fraser Island

Gli aborigeni la chiamano K'gari. La leggenda dice che K'gari fosse una bellissima dea bianca che una volta scesa sulla terra se ne innamoro' e decise di restare. Il dio suo padre la trasformo' in un'isola di sabbia bianca, cambio' i suoi occhi in laghi d'acqua limpidissima che riflettono il cielo da cui proviene per permetterle di non dimenticare il suo mondo e la copri' di foreste e animali perche' non si sentisse mai sola.
La storia europea e' un po' meno poetica. Scoperta nel 1770 da Captain Cook, l'isola prese il nome da Captain James Fraser e sua moglie Eliza che vi approdarono nel 1836 dopo diverse settimane passate alla deriva in seguito al naufragio della loro nave. In quelle settimane, Eliza che era alla fine di una gravidanza, partori' un bambino che mori' subito dopo. Arrivati sull'isola, i Frasers sopravvissero barattando quello che avevano con gli aborigeni in cambio di cibo. Dopo la morte del marito avvenuta in uno scontro con gli aborigeni, Eliza venne accolta dalla comunita' nella quale visse per quasi un anno prima che la trovasse John Graham, un ex galeotto che la salvo' e la porto' a Brisbane. Presto realizzato l'interesse suscitato dalla sua vicenda, Eliza si accodo' a un circo con il quale arrivo' prima a Sydney e poi a Melbourne, raccontando la sua storia per guadagnare i soldi necesari a comprare un biglietto per l'Inghilterra. Durante questo periodo racconto' diverse versioni della sua vita con gli aborigeni cosi' che oggi non si conosce piu' la verita'. Anche la sua fine e' contestata: una versione la vuole tornata in Inghilterra, sposata in seconde nozze e morta come Lady Green, secondo altri dopo un breve periodo in Europa ritorno' a Melbourne dove e' sepolta sotto il nome di Eliza Fraser.
Per piu' di cento anni, Fraser Island e' stata sfruttata per il legname: pini, cipressi e satinays trees, particolarmente resistenti alla salsedine, crescono abbondanti sull'isola. Oggi e' un parco naturale, dichiarato patrimonio dell'umanita' nel 1992 dall'UNESCO per la sua bellezza e peculiarita'.
Fraser e' un'isola di sabbia con una morfologia in continua trasformazione a causa delle dune che vengono spostate dai venti. Nel sottosuolo, un acquifero di volume pari a 30 volte l'acqua nella baia di Sydney, alimenta piu' di cento laghi di acqua dolce e torrenti di acqua cristallina che scorrono silenziosi su letti sabbiosi. La natura dei laghi e' diversa. Alcuni poggiano su uno strato impermeabile di sabbia e materiale organico chiamato "coffee rock", altri sono delle finestre sull'acquifero sottostante. Il colore delle acque varia dal blu intenso al celeste chiaro, ma anche verde smeraldo o marrone ambrato a causa del tannino nella corteccia delle piante. Quello che colpisce e' la trasparenza, alcuni torrenti sembrano di te', altri non si riconoscono finche' non ci si mettano i piedi dentro tanto l'acqua e' chiara e silenziosa. L'isola e' coperta da foreste di eucalyptus e rain forest che in qualche modo hanno creato un ecosistema nel quale i diversi tipi di piante si alimentano a vicenda e sopperiscono alla sterilita' del suolo.
A parte Kingfisher Bay Resort e qualche campeggio, Fraser e' disabitata, non ci sono strade ne' negozi, a parte Eurong, un motel dove si puo' comprare qualche genere di prima necessita' e benzina. Piste di sabbia strappate alla foresta e adatte solo ai fuoristrada attraversano l'isola da una costa all'altra e la "strada" principale che le unisce e' una spiaggia di 120 km, Seventy Five Mile Beach, che si stende lungo tutto il lato est. E' un'autostrada sabbiosa praticabile solo con la bassa marea, con un limite di velocita' di 80 Km/h, trafficata da fuoristrada e aerei, (che hanno sempre la precedenza!). Quando la marea sale e il mare avanza, la spiaggia diventa inagibile e regolarmente qualcuno ci perde la macchina, quando va bene. Sulla spaiggia si trova il relitto del Maheno, una nave da crociera dei primi del 900 che naufrago' a Fraser nel 1935 mentre veniva portata in Giappone per essere smantellata. Piu' volte si e'cercato di disincagliarla e rimuoverla, ma come per tutto il resto l'isola sembra avere un'opinione in merito e dopo diversi tentativi a vuoto, il Maheno e' diventato parte integrante del paesaggio.
Il mare, soprattutto sulla costa est, e' particolarmente pericoloso a causa delle correnti e del fatto che si trova al limite della piattaforma continentale: acque profonde con grandi pesci e quindi grandi predatori tra cui primo tra tutti the white pointer, lo squalo bianco. In inverno, Fraser Island e' sulla rotta migratoria delle balene che si fermano intorno all'isola per partorire. Il mare non e' fatto per nuotare o surfare, neppure per gli australiani che ne stanno ben alla larga. Si nuota invece nei laghi e nei torrenti (ancora troppo freddi per i coccodrilli anche se con il global warming e' solo questione di tempo).
Tra le specie che abitano la terraferma, il dingo e' la piu' famosa ma non mancano i serpenti (20 specie diverse!), lucertole e wallabies. Niente koalas, a parte uno di pezza su un albero vicino al Stonetool Sandblow, una duna dell'interno. Dopo una chiacchierata con uno dei dei rangers al Kingfisher Bay Resort anche i dingos sono diventati piu' simpatici. Ci ha raccontato di come siano capaci di aprire i cestini da picnic, di come riconoscano i rangers dalle divise e si tengano alla larga perche' sanno che li allontanano dai turisti, ma che una volta una mamma sia andata a cercarli per tirare fuori un cucciolo che era caduto in un fosso con la bassa marea e non riusciva piu' ad uscire.
Dopo l'ultimo attacco a un bambino di qualche anno fa, l'albergo ha messo una recinzione con un passaggio per le macchine sempre aperto, ma su un "cattle grid", un fosso coperto da barre di metallo a una certa distanza l'una dall'altra che gli animali normalmente hanno paura di attraversare. Non i dingos che a quanto pare sanno fare gli equilibristi. Hanno allora aggiunto dei fili con la corrente elettrica che hanno funzionato fino a che i dingos hanno imparato a riconoscere il rumore della batteria scarica... hanno allora aggiunto un pannello solare per alimentare la batteria in continuazione ma in qualche modo qualcuno riesce a entrare lo stesso. Insomma, una specie di Willy Coyote che bisogna tenere a una certa distanza, ma in fondo non troppo pericoloso!

Kingfisher Bay











Lake McKenzie













Wanggolba Creek





Seventy Five Mile Beach








Maheno Shipwreck





Eli Creek





Stonetool Sandblow


Pinnacles


More Kingfisher Bay















venerdì 28 marzo 2008

On the Road again

Il Road Trip e' uno di quei viaggi lunghissimi in macchina possibli solo in posti come l'Australia o l'America dove pochi villaggi punteggiano il niente attraversato dalla strada. La strada diventa piu' importante dei posti che collega, l'unica ancora che permette di non perdersi nel niente anche se a volte per 200km non incontri anima viva. Mi viene sempre difficile riassumere e descrivere un giro come quello che abbiamo appena finito in modo tale che non sia un semplice elenco di posti. Questa volta l'impresa e' ancora piu' ardua visto che la strada ci ha portati a Fraser Island e la tentazione e' quella di tralasciare il resto e arrivare subito a destinazione che e' l'opposta filosofia del road trip.
Ci siamo messi in macchina Domenica mattina, direzione nord sulla Bruce Highway, verso la Sunshine Coast. La prima fermata e' stata ad appena un'ora da Brisbane allo zoo di Steve Irwin, l'Australia Zoo dove per la prima volta abbiamo visto da vicino i salties, i coccodrilli di estuario. Il Croc Show nel Crocoseum e' stato particolarmente impressionante con i rangers che avvicinavano le bestiacce per dargli da mangiare, dimostrando quanto i salties siano veloci e pericolosi. Animali di 6 o 7 metri capaci di nuotare sott'acqua in acqua bassa, senza causare il minimo movimento in superficie salvo poi fare un salto in verticale di due metri per afferrare al volo la preda. Adesso capisco perche' sul Daintree River raccomandavano di non uscire dalla macchina durante la traversata del fiume!
Per la prima volta sono finalmente riuscita a vedere un wombat sveglio: li cercavo da quando sono arrivata in Australia ma li avevo sempre visti addormentati o spalmati sulla strada, adesso so che esistono anche in altre posizioni.
Lo zoo e' grande e super organizzato, (forse anche troppo, a volte sembra di essere a Disneyland), tutti gli animali australiani sono egregiamente rappresentati, i coccodrilli in testa con diversi shows che provocano sempre un brivido tra gli spettatori. Tutti e quattro pero' abbiamo trovato l'iconografia un po' inquietante. La presenza di Steve Irwin e' tangibile, quasi reale, con poster giganti sparsi dappertutto, una statua a grandezza naturale all'ingresso e persino registrazioni della sua voce nella presentazione del croc show. Qui e' venerato come un eroe nazionale nella lotta per la conservazione della fauna e di tutto il delicato ecosistema australiano. Dopo la sua scomparsa, la strada su cui si apre l'ingresso dello zoo e' stata rinominata "Steve Irwin Way".
Il giorno dopo, proseguendo verso nord dopo Beerwah, siamo saliti verso le montagne: The Glasshouse Mountains (un' altra invenzione di James Cook), di cui abbiamo visto poco a causa della pioggia che non ci ha pero' impedito una camminata nella rain forest fino alla cascata di Kondalilla alla base della quale si forma una piscina naturale circondata dalle rocce e dalla foresta in cui si puo' nuotare. Davanti alla cascata, la vegetazione si apre offrendo una vista spettacolare sulla valle sottostante. 2Km per arrivare alla cascata, 2 per tornare alla macchina, sotto la pioggia e con le ciabatte da spiaggia, per miracolo non siamo finiti coperti di sanguisughe come alcuni turisti tedeschi che abbiamo incontrato al ritorno.
Per asciugarci siamo andati a Maleney, un villaggio hippy sulle montagne, sulla cui strada principale si alternano negozi di medicina naturale, cristalli, pozioni magiche e cafes con menues di prodotti esclusivamente organici. Ci siamo fermati per qualche ora ad assaporare l'atmosfera rilassata e piacevolmente autentica in un'area comunque turistica, e a fare la spesa per prepararci alla tappa successiva: Fraser Island.













giovedì 20 marzo 2008

Bris-Vegas

Dopo Cairns, le ultime quattro settimane in Oz erano un po' campate per aria. Simon e Leah ci hanno generosamente offerto ospitalita' a Brisbane nel "quartiere degli ospiti" sotto casa loro: va bene che siamo indipendenti, ma comunque hanno avuto un bel coraggio! Usando casa loro come base, abbiamo passato i primi giorni a guardarci intorno e raccogliere le idee per decidere che cosa fare con il tempo e i fondi rimasti. Immediatamente ci siamo resi conto dell'errore colossale di Uluru, ma dopo il primo momento di shock ci siamo ripresi e l'idea e' sempre viva, tutt'altro che scartata, prenderemo presto una decisione :-)
Nel frattempo ci siamo accorti di quante cose siano facilmente raggiungibili da qui. Infatti, abbiamo imparato che questa sembra essere la definizione di Bris Vegas data dai suoi stessi abitanti: "e' solo una citta', non molto speciale, ma e' un'ottima base per vedere le cose interessanti che ci sono intorno". Lasciata la piu' ovvia ed economica per ultima, la Gold Coast con i parchi acquatici, (roba da turisti, non da viaggiatori), ci siamo concentrati su un itinerario un po' meno semplice.
Domenica partiamo in macchina verso nord. Prima tappa Australia Zoo, quello dei Croc Files, per vedere finalmente i salties da vicino. Continueremo poi fino a Fraser Island, l'isola sabbiosa piu' grande del mondo dove non esistono strade, l'unico posto in Australia dove vivano i dingos allo stato brado. Come beasties saranno l'ultimo incontro ravvicinato, speriamo non troppo: la raccomandazione e' quella di non lasciare i bambini da soli all'aperto neanche un momento visto che qualche anno fa ne hanno ucciso uno. Intorno a Fraser anche le maree sono pericolose, l'acqua sale molto velocemente e il mare intorno pieno di squali. Se qualcuno si chiedesse che cosa ci andiamo a fare, basta controllare il link! E' un posto World Heritage Listed che non poteva mancare alla collezione che stiamo mettendo insieme negli ultimi tre mesi.
Il resto e' ancora da decidere e il poll e' sempre aperto :-)





martedì 18 marzo 2008

Uluru or not Uluru?

Una domanda per voi, cari lettori silenziosi: sfondiamo il budget australiano o lasciamo l'Australia senza vedere Ayers Rock, la copertina di tutte le guide? Avremmo dovuto andarci da Sydney, possibilmente di strada per Cairns. Lasciandolo per ultimo abbiamo fatto un errore grossolano visto che il costo dei biglietti aerei e' fenomenale. Sbagliando si impara, gli errori si pagano e questo costa da un minimo di 2000e a un max di 4000. Certo possiamo sempre rinunciare e ignorare la roccia, alla fine e' solo un sasso e 4000e sono un sacco di soldi.
Ho messo un gadget in alto a destra per permettervi di votare e dire la vostra aiutandoci cosi' a prendere una decisione che alla fine sara' nostra, come l'errore e il suo prezzo, ma il risultato del poll sara' tenuto in considerazione.

Uluru or not Uluru? This is the question :-)

lunedì 17 marzo 2008

Cairns, Pics

Senza Parole!

Cairns, Esplanade



Lagoon





Freshies, fresh water crocs ("They'll give you a nip but they won't kill ya" Ya right!)



Monkey feeding wallaby



...monkey and koala!



Barron Falls



Cooper Creek



Beasty




Mangroves



Somewhere between Cairns and Cape Tribulation





I didn't make them up!

venerdì 14 marzo 2008

Salties, Stingies and Street Lighting

Stagione delle piogge vuol dire che quando comincia viene giu' per mesi come una cortina d'acqua che inzuppa appena metti il naso fuori. La vita a Castaways Hostel cambia, il ritmo rallenta e la popolazione di backpackers prende una pausa. Il primo giorno e' anche bello, ti svegli, guardi fuori e ti rimetti a letto per un'altra ora visto che tanto non perdi niente. E' stata l'occasione per aggiornare il blog, rispondere alla posta e conoscere meglio le vicine canadesi, Claire e Janine che si sono lasciate Edmonton alle spalle e sono partite per l'Australia con l'idea di cambiare vita. Altri, dopo aver aspettato invano per mezza giornata un varco nella cortina di pioggia, spinti dalla fame si avventurano al supermercato dall'altra parte della strada allagata, scalzi e in costume visto che tanto nessuno si scandalizza ed e' inutile infradiciare vestiti che poi con l'umidita' non si asciugano.
Un giorno va bene, ma poi bisogna scuotersi o si diventa claustrofobici. Oggi abbiamo affittato una macchina e siamo andati verso nord, oltre Port Douglas e Mossman, con l'idea di arrivare a Cape Tribulation, cosi' chiamato da Captain Cook quando quasi ci naufrago' durante il primo viaggio con l'Endeavour. La starda e' bellissima, parte sulla costa e parte in mezzo alla foresta tropicale. Spesso le due si uniscono in spiagge di sabbia gialla e fina dove la foresta fa da cornice fino al limite della sabbia o a volte arriva fino all'acqua in forma di mangrovie. E' il territorio dei cassowaries e dei salties, i coccodrilli di acqua salata. In molti punti e' vietato entrare in acqua perche' troppo pericoloso.
Nel Daintree National Park abbiamo imparato che oltre alla fauna, nel Queensland bisogna preoccuparsi anche della flora. A parte innumerevoli piante dai frutti velenosissimi, abbiamo visto alcuni esemplari di Stinging Tree e Wait a While Tree. Il primo e' un albero dalle foglie larghe, coperte di spine di silice sottilissime e piene di veleno contro il quale non esiste antidoto. L'effetto e' dolorosissimo e talmente potente che dura diversi mesi. Si ha notizia di cavalli al tempo dei primi coloni che, dopo aver accidentalmente strisciato contro le foglie, si sono suicidati buttandosi nel vuoto. A oggi, e' stata registrata solo una morte umana a causa dello Stinging Tree. Il Wait a While Tree invece e' un tipo di palma rampicante con il tronco coperto di aculei ad uncino. Se ci si impiglia e si cerca di tirare dritto, le spine producono delle lacerazioni profonde. L'unico modo di liberarsi e' quello di tornare indietro e agire con calma... wait a while.
A Daintree village la strada finisce, almeno secondo lo stradario. Per arrivare a Cape Tribulation si attraversa il fiume, Daintree River, su una chiatta dove ti raccomandano di stare in macchina per i coccodrilli. Si contiuna poi per 35km di strada asfaltata in mezzo alla foresta fino al capo, poi diventa terreno da 4x4 fino a Cook Town. Anche se ancora sull'asfalto, la sensazione di andare oltre la mappa e' stata esaltante! Mi e' venuta in mente Irene, la mamma da Ludi. Meta' greca, meta' egiziana, anche dopo 50 anni di vita in Australia e' rimasta una vera mamma mediterranea. Ogni volta che ti vede ti saluta con un sorriso che le illumina tutta la faccia e un abbraccio stretto "Ello daRling, how good to see you again!" Una delle sue massime e': 'La civilta' finisce dove finisce l'illuminazione stradale', e quando quella viene a mancare anche Irene si ferma, piu' in la' non va.
A fermare noi invece e' stato Cooper Creek, un rucello a 15 km da Cape Trib che a causa delle piogge ha allagato la strada mettendo in difficolta' anche i 4x4. Ci siamo fermati a guardare l'acqua fangosa che scendeva dalla montagna, attraversava la strada e poi proseguiva verso valle. Sull'altra sponda, si cominciava a formare una fila di macchine rimaste bloccate dalla parte del capo, senza possibilita' di tornare verso Cairns. Ci sono posti peggiori per rimanere bloccati, intorno a Cape Trib ci sono posti fantastici per passare un paio di giorni. Purtroppo noi li abbiamo visti solo da lontano, ma almeno siamo arrivati oltre i lampioni!

mercoledì 12 marzo 2008

The Reef, looking for Nemo

Era il motivo per venire fin quassu', una delle top 20 cose da fare in Oz, non potevamo farci scoraggiare da un paio di squali solitari e qualche medusa. Diversi operatori offrono gite sulla barriera cosi' abbiamo passato i primi due giorni a studiare brochures per trovare la formula giusta. Alla fine abbiamo scelto Passions of Paradise, vincitori di un Tourism Award nel 2004-05-06-07, c'era poco da sbagliare.
Partiti da Cairns alle 8 del mattino su un catamarano omologato per 80 persone, 40 passeggeri e 8 di equipaggio. Due ore di crociera con 15 nodi ci hanno portati a Michaelmas Cay, un atollo che e' uno dei punti piu' famosi per le immersioni. Tra i passeggeri, un gruppo di ragazzi irlandesi di cui uno che ha cominciato a vomitare appena fuori dal porto e non ha smeso fino al rientro. I turisti a Cairns sembrano dividersi in due gruppi, quelli interessati in vere esperienze estreme che portano a contatto con la natura e con i propri limiti, e quelli che vogliono estendere al limite la propria capacita' di resistenza all'alcool e mancanza di sonno. Chi cerca di combinare le due finisce male: certe quantita' di alcool sono ovviamente incompatibili con scuba diving, bungy jumping, white water rafting, jungle surfing e sky diving. Certe teste non ci arrivano.
Infilate le mute contro le meduse, quasi ancora prima di ancorare abbiamo perso Brendan che si e' unito al primo gruppo di immersioni. Dovevano essere in quattro, ma dopo dieci minuti due sono risaliti in superficie presi dal panico. Brendan e Diego, un ragazzo colombiano conosciuto durante la crociera, hanno avuto la guida in esclusiva che li ha portati in giro. Tra gli incontri una razza gigante e una tartaruga, niente squali anche se il secondo gruppo ne ha avvistato uno.
Io e le bambine siamo andate sul tender con il fondo trasparente per avere una prima panoramica di quello che poi avremmo visto da vicino. Abbiamo incontrato molti dei personagi che cercavamo: Dory, Squirt, Teacher the Ray, conchiglie giganti e coralli di tutti i colori, ma niente Nemo. Arrivate sulla spiaggia e ritrovato Brendan, insieme siamo andati in giro con maschera e boccaglio per esplorare i coralli intorno all'atollo. Bellisimi fondali, ancora coralli duri e morbidi, pesci tropicali di colori mai visti, razze, ma niente Nemo.
Nonostante la stanchezza, la corrente e l'idea poco invitante di rimettersi le mute bagnate, spinti dall'entusiasmo delle figlie, siamo ritornati in acqua anche il pomeriggio, dopotutto abbiamo una vita per scaldarci al sole, ma solo un giorno a Michaelmas Cay.
Sulla via del ritorno, davanti a un caffe' caldo con quei pochi che sono riusciti a non soccombere al mal di mare, (20 nodi e tempesta a un'ora dal porto), scambiando le foto della giornata, finalmente sono riuscita a trovare Nemo. Troppo tardi per le bambine che insieme a Brendan tentavano di tenere la nausea sotto controllo sdraiate sui sedili insieme ai 3/4 dei passeggeri. L'irlandese ubriaco dalla sera prima giaceva verde e ormai cadavere in un angolo a prua, mentre i ragazzi dell'equipaggio passavano in giro vassoi di crackers e formaggio che anche io, relativamente immune al mal di mare, ho declinato "Are you kidding me, mate?!"
Ritornati in porto alle sei di sera, molti avrebbero volentieri baciato terra. Noi non eravamo a quel punto, ma comunque contenti di essere sulla terraferma che ha continuato a ballare per il resto della giornata finche' non siamo andati a letto. La sera, davanti a un fish and chips al tavolo in giardino davanti alla nostra stanza, Nina e Sara commentavano che anche senza Nemo era stata una delle giornate piu' belle del viaggio.