Dopo quella prima volta sono tornata... due, tre, alla quarta in una settimana la segretaria mi fece notare che visto che ero sempre lì mi sarebbe convenuto fare un pacchetto da dieci ingressi così ne avrei avuti almeno due in omaggio. La famiglia mi ha vista molto poco in quell'estate. 'Bridge to peak' - 'Peak to Power', frequentavo tutte le classi di yoga vinyasa e come una spugna assorbivo tutto ciò che in quelle settimane Lalit mi insegnava. Quando non faceva la prima serie di ashtanga teneva classi a tema, proponendo sequenze in cui di volta in volta andavamo a lavorare sull'apertura delle spalle, la forza, gli equilibri sulle braccia, le posizioni invertite. I fine settimana facevamo sequenze più lunghe, lente ma più intense, sull'apertura del bacino e i piegamenti della colonna all'indietro. Mattoncini e cinghie facevano parte degli strumenti di lavoro, come nel metodo Iyengar e grazie a questi supporti le classi imparavano rapidamente, la pratica scorreva veloce, le posture venivano conquistate rapidamente e relativamente senza sforzo. Era come se Lalit riuscisse a trasmettere la sua fluidità di movimento nell'insegnamento e io imparavo con la stessa facilità. Il suo metodo, ashtanga ma con allineamenti di Iyengar, calzava perfettamente quello che fino a quel momento era stato il mio percorso, in cui avevo usato i seminari di Iyengar come 'ripetizioni' per progredire nelle sequenze di vinyasa. Quasi senza accorgrermente, mi trovai a fare delle posizioni di equilibrio sulle braccia della terza serie di ashtanga, come se mente e corpo fossero stati pronti da un po' ma stessero aspettando il comando giusto. Spesso, negli intervalli tra una classe e l'altra scorgevo la coda delle sessioni di formazione dei nuovi insegnanti e le pratiche personali degli insegnanti già formati, vedevo con che attenzione e integrità Lalit curasse la loro preparazione. Non si fermava mai, le sue giornate lavorative erano di dodici ore. Un giorno, entrando tre le prime a stendere il tappetino per prendere posto nella shala, lo trovai che spazzava il pavimento. Alzò gli occhi e mi sorrise, 'è un lavoro che mi piace, tiene a bada l'ego.' Gli chiesi se gli sarebbe piaciuto venire in Sardegna per fare un seminario. Mi rispose subito di si, così ci scambiammo gli indirizzi email e ci ripromettemmo di rimanere in contatto. Alla fine di quell'estate mi lasciò con due posture su cui lavorare: Bakasana, uno dei primi equilibri sulle braccia che ancora mi sfuggiva nonostante fossi riuscita a conquistarne altri in teoria più complicati, e Sirsasana, la mia vecchia amica sulla testa. Lalit mi mostrò come andare avanti in entrambe, con pazienza e costanza, senza fretta e molta pratica. Capivo che non c'erano scorciatoie e che la strada per arrivare a sentirle comode era lunga, ma grazie agli spunti che lui mi aveva dato finalmente vedevo il cammino, adesso dovevo solo percorrerlo. Tornata a casa, molto presto decisi di voler continuare a studiare con lui e andai online sul sito di Himalaya Yoga Valley per iscrivermi al loro corso di formazione insegnanti e prendere così il RYS 200, la certificazione internazionale di Yoga Alliance. Non fu una grande sorpresa vedere che non c'erano più posti disponibili per le successive due o tre sessioni. Decisi comunque di compilare la mia domanda di ammissione e aspettare il prossimo spazio a disposizione, quasi un anno dopo. Chiedevano quanti anni di pratica avessi alle spalle, se fossi pronta ad impegnarmi per un mese intero, 12 ore al giorno, precisando che se la mia motivazione non fosse stata abbastanza forte avrei fatto meglio a desistere visto che l'impegno fisico ed emotivo sarebbe stato molto intenso. Chiedevano se avessi mai studiato anatomia o filosofia dello yoga, se avessi già completato altri corsi di formazione insegnanti e se stessi già insegnando. Credo di avere qualche gene teutonico in me, se mi fanno domande dirette, do risposte dirette, non mi saltò neanche in mente di abbellire ma neppure di omettere quello che fino a quel momento era stato il mio percorso. Una settimana più tardi mi giunse la risposta di Himalaya Yoga Valley, si complimentavano per i risultati che avevo raggiunto, ma si vedevano costretti a rifiutare la mia richiesta e mi consigliavano di cercare un'altra scuola più adatta alle mie esigenze. Non potevo crederci. Sapevo che i bravi insegnanti non vanno a cercare discepoli, e anche che un 'sadhaka', 'colui che cerca','l'aspirante', deve impegnarsi per essere accettato da un maestro, ma non ero preparata al rifiuto. Immediatamente risposi alla mail, dicendo che avevo già praticato con Lalit ed ero alla ricerca di un'esperienza di quell'intensità, oltre che della certificazione internazionale. Li pregai per favore di riconsiderare la mia richiesta. Passò qualche giorno e arrivò la risposta, avevano riesaminato la decisione e mi offrivano un posto nel programma. Da allora diversi mesi sono passati, Lalit è venuto in Italia, io sono tornata in Irlanda, abbiamo avuto occasione di conoscerci meglio. Appena il livello di confidenza me l'ha permesso gli ho detto, 'Tu non mi volevi!'
'Secondo te perchè?'
'L'unico motivo a cui riesco a pensare è che ho già l'impronta di un altro.'
'Esatto, è molto più difficile demolire e ricostruire piuttosto che costruire da zero.' Ha poi però aggiunto, 'ma quando mi hanno fatto vedere la domanda e ho capito che fossi tu, sono stato io a dire di prenderti.'
Tante volte ho avuto la tentazione di chiedergli cosa pensasse della mia pratica, di chiedergli se sarà il caso di costruire su quello che già so o se mi verrà chiesto di distruggere e ricostruire, ma ho sempre desistito. Non si fanno mai domande, si aspetta che ti venga detto. Raramente ha detto 'brava, ben fatto,' mai ha criticato qualcosa che so già fare e sempre mi ha indicato la strada per andare oltre. Dopo ogni periodo di studio mi ha lasciato una o due nuove posture su cui lavorare, poco per volta aumentando il numero di carte nel mazzo della mia pratica personale. Quel giorno credo di aver avuto una risposta. Tra poco lo saprò per certo.
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