Lalit ci ha raccontato di quando è diventato discepolo di Swami Veda Bharati. 'Avevo finito le scuole superiori ed era ora di pensare al futuro, visto il modo in cui ero stato allevato fino a quel momento e gli studi che avevo fatto, era scontato che avrei continuato sulla strada dello yoga. In quegli anni abitavo a Rishikesh, centro importante nel mondo dello yoga, casa di molti ashrams e grandi maestri. Volevo entrare tra i discepoli di Swami Veda Bharati, allievo di Swami Rama dell'Himalaya. Dopo diverse lettere e richieste a vuoto finalmente ottenni un'udienza. Il giorno dell' incontro mi feci cinque chilometri a piedi e nonostante il colloquio fosse fissato per le nove, arrivai con mezz'ora di anticipo. Per più di un'ora aspettai senza che nessuno mi dicesse nulla. Verso le undici mi feci coraggio e chiesi a un segretario se lo Swami sapesse che ero arrivato. Mi rispose di aspettare tranquillo il mio turno. Arrivò l'ora di pranzo, nell'aria si sentivano i profumi della cucina, diverse persone andavano e venivano ma nessuno mi chiedeva se volessi qualcosa da mangiare. Avevo fame, ero stanco, arrabbiato, ma continuavo ad aspettare. Verso le cinque il segretario arrivò e mi disse che lo Swami era pronto a ricevermi. Entrai baldanzoso nella stanza delle udienze e mi misi a sedere in loto (cretino che non ero altro!) davanti allo Swami. Lui mi chiese il motivo della visita, così gli spiegai con un giro di frasi ossequiose che ero lì perchè volevo iniziare a studiare con lui. Lui mi guardò per un po' e poi mi chiese 'Cos'è lo yoga?' La domanda era musica per le mie orecchie e immediatamente mi lanciai in una spiegazione degli otto arti, Patanjali e tutto il resto. Dopo che ebbi finito il mio monologo, Swami Veda mi benedisse e mi disse 'Torna domani.' Rimasi perplesso, ma sempre più convinto della mia scelta, feci come mi disse e il giorno dopo tornai, facendomi cinque chilometri a piedi e arrivando sempre con mezz'ora di anticipo. Come il giorno prima, rimasi ad aspettare fino a sera prima che lo Swami mi ricevesse. Come il giorno prima, arrivato il momento entrai e mi sedetti in loto davanti a lui per dimostrare quanto fossi bravo. Nuovamente lui mi chiese 'Cos'è lo yoga?' Esitai un attimo ma mi lanciai comunque nella spiegazione degli otto arti, ancora più dettagliatamente della prima volta. Lui aspettò che finissi e mi disse 'Torna la settimana prossima.' Sempre più perplesso, ma sempre più convinto di voler studiare con questo grande maestro, mi feci forza e mi preparai a tornare la settimana successiva. La cosa andò avanti per più di un mese, tornavo, ogni volta mi faceva la stessa domanda e io ogni volta gli davo la stessa risposta. Lui mi benediva e mi diceva di tornare dopo qualche giorno, dopo una settimana o quando fossi pronto. Un giorno decisi di prenderlo di sorpresa. Saputo che ogni mattina all'alba andava a passeggiare vicino al fiume, mi feci i cinque chilometri al buio e arrivai all'ashram poco prima del sole. Scavalcai il cancello ma atterrato dall'altra parte un cane da guardia mi attaccò e per sfuggirgli dovetti risaltare il cancello, perdendo una scarpa e cadendo malamente sui rovi. Con tutto quel rumore attirai l'attenzione degli abitanti dell'ashram che mi portarono dallo Swami. 'Vedo che sei arrivato presto stamattina, cosa ti è successo al braccio? E perchè hai una scarpa sola?' Non volendo fare la figura dell scemo gli raccontai una bugia. Lui non si scompose e mi chiese 'Allora, mi sai dire cos'è lo yoga?' In quel momento ebbi un'illuminazione! Mi inginocchiai ai suoi piedi e dissi 'Si Maestro, lo yoga è disciplina. Perdona la mia arroganza, per favore prendimi a studiare con te e insegnami tu cosa sia lo yoga.'
'Finalmente! E quanto ti ci è voluto
per capirlo?'
'Sei settimane...'
'Bene. Mi dici adesso cosa ti sia
successo e perchè hai una scarpa sola?'
Gli raccontai allora di quanto fossi
stato sciocco a volerlo prendere in contropiede durante la sua
passeggiata e ancora una volta chiesi scusa per la mia arroganza.
Quel giorno, non solo mi prese tra i suoi allievi ma mi diede anche i
soldi per comprarmi un altro paio di scarpe.Il sutra, il filo rosso che durante la Pujia di apertura del corso mi avevano legato al polso sinistro, simbolo del mio impegno e di quello dei miei insegnanti, mi si è sfilato. Durante il viaggio di ritorno avevo chiesto a Lalit per quanto tempo avrei dovuto tenerlo e lui mi aveva risposto che sarebbe caduto da solo al momento giusto. Immaginavo si sarebbe rotto, ma invece è semplicemente venuto via, senza traumi, senza rimpianti. L'ho conservato in una scatola, ancora rosso e intero come il primo giorno. Tempo di concludere i post, tirando i fili conclusivi di questo percorso indiano. Vi rimando a uno dei post iniziali 'Yoga, perchè?' e saltati gli otto arti, mi rimetto all'esperienza del mio insegnante: Lo Yoga E' Disciplina. Prima di partire abbiamo imparato dell'esistenza degli otto arti e crediamo di sapere tutta la teoria. Abbiamo un carnet nutrito di asana, che sono la nostra sicurezza, la nostra presentazione. Il certificato è la nostra motivazione e ci incamminiamo, sicuri che qualunque cosa succeda in quel mese, arriveremo. Durante questo mese qualcuno ha lasciato a metà strada, altri sono arrivati alla fine e hanno rinnegato tutto il percorso, incapaci di aver a che fare con la disciplina ferrea che per quattro settimane hanno tollerato a denti stretti. Leggendo un capitolo per la classe di filosofia sono incappata in questa frase: 'Non lasciare che il frutto delle tue azioni sia la tua motivazione', Bhagavad Gita. In realtà non sai cosa sia motivazione fino a che non senti la sveglia suonare tutti i giorni alle 5,40, fino a che non passi un mese seduto per terra, senza mai appoggiarti nè stendere le gambe, con quaranta gradi e il sudore che ti cola lungo la schiena. A nessuno interessa quanti equilibri sulle braccia tu sappia fare nè se sei capace di chiudere un loto. Importa invece che tutti giorni ti alzi al suono di quella sveglia e arrivi pulito e con la divisa fresca alla lezione di mantra e pranayama, che rispetti le ore di silenzio, accetti le correzioni e i consigli che ti vengono dati nella guida di una classe, anche se è già il tuo lavoro. E' questo il ruolo del tuo insegnate, con l'esempio pratico, darti una disciplina che ti guidi nella vita di tutti i giorni e che ti sostenga nei momenti difficili, quando magari tutto intorno crolla. Se gli insegnamenti sono stati trasmessi nel modo giusto, avrai sempre un codice di comportamento a cui aggrapparti fino a che la tempesta sia passata. E alla fine del corso, quando ricevi quel certificato tra le mani come una sorpresa perchè già dalla fine della prima settimana ti eri dimenticato di quella che era la tua meta iniziale, un bravo maestro ti lascia libero. Sicuro degli strumenti che ti ha trasmesso, ti spinge a volare da solo, incoraggiando la tua indipendenza come allievo e come nuovo insegnate, divulgatore del suo lignaggio, ma con voce propria, in un rapporto all'insegna di fiducia e rispetto reciproci. Come il sutra che si scioglie, ma il cui significato profondo rimane: l'impegno a fare dello yoga uno stile di vita.
Ringrazio tutti per la partecipazione, l'attenzione e il tempo che mi avete dedicato. Per i commenti lasciati su Blogger e Facebook, le mail, i messaggi su Whatsap, non immaginate quanto mi abbia dato coraggio la vostra presenza. E grazie anche ai lettori silenziosi, la cui vicinanza ho comunque sentito con me nel cuore. Questo è tutto, fino al prossimo viaggio. Buon Natale a tutti! Namastè.