mercoledì 28 maggio 2008
From Greymouth to Punakaiki
Ho scoperto perche' non riesco a tenere a mente i nomi neozelandesi: l'alfabeto maori ha solo 15 lettere, ecco perche' le parole si somigliano e all'inizio sembrano tutte uguali. Non e' senilita' precoce, almeno non solo quello.
La strada da Greymouth a Punakaiki e' un'altra di quelle che vale la pena percorrere di per se', indipendentemente dalla destinazione. Si snoda lungo la costa con il mare da una parte e la montagna dall'altra, all'orizzonte sempre le cime innevate che fanno da cornice all'acqua.
A Punakaiki, nel Paparoa National Park siamo andati per vedere le Pancake Rocks, scogliere costituite da formazioni calcaree vecchie trenta milioni di anni, dove materiale organico e' stato depositato sul fondo marino e poi coperto da strati soffici di fango e argilla portati in seguito alla superficie dai terremoti. Il mare e il vento hanno poi scolpito le scogliere nella forma in cui le vediamo oggi, come delle montagne di frittelle.
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sabato 24 maggio 2008
Hiking on Ice
L'ultima gita prima di spostarci nell'isola del nord: i ghiacciai sulla costa ovest,dall'altra parte delle alpi. Mettersi in macchina senza Giovanna e Duncan, di nuovo solo in quattro ha fatto un effetto strano a tutti, ma sforzandoci di superare il momento di nostalgia ci siamo rimessi per strada. Avevamo scelto il Franz Josef Glacier perche' The Book of Lies, pur non esprimendo una vera e propria preferenza, lo metteva comunque in risalto rispetto al Ghiacciaio Fox per il quale invece non spreca molte parole in descrizioni dicendo semplicemente che e' equivalente al primo. Sicuramente descrive il paese come piu'vivace e con una 'great atmosphere'. Una volta arrivati a Franz Josef e preso alloggio al
'Gloworm Cottages Accommodation for Travelers and Adventurers', salta fuori che le bambine non potevano andare sul ghiacciaio perche' troppo piccole per l'altezza a cui sono messe le corde di scicurezza e il paese e' organizzato ad uso e consumo di chi dopo il ghiaccio non ha altre ambzioni che quella di riempirsi d'alcool in uno dei bar locali che sono anche l'unica possibilita' per mangiare: cibo di qualita' estremamente scadente. Eravamo qui per camminare sul ghiaccio e non ci arrendiamo facilmente. Una telefonata al Fox Glacier Guiding, 25 km piu' a sud, ha risolto il problema: a loro i bambini piacciono e sono organizzati anche per gli avventurieri piu' piccoli, dai sette anni in su. Abbiamo prenotato un Fox Trot per il giorno dopo, una passeggiata di 4 ore,di difficolta'moderata descritta come l'introduzione perfetta al mondo gelato di Fox Glacier.
La pubblicita'diceva: "Non lasciare la Nuova Zelanda senza fare questa esperienza". La notte prima della spedizione, dopo non aver toccato cibo a cena, Sara ha vomitato il pranzo che non aveva digerito. Questa mattina, sveglia alle 7, e' svenuta in bagno per la debolezza. L'esperienza si annunciava veramente indimenticabile cosi'che dopo averla rianimata e ingozzata di marmellata e succo di frutta abbiamo deciso di rinunciare. "Ma io non vedevo l'ora di andare sul ghiaccio!" dice lei ingozzandosi di pane e marmellata ma sempre pallida. Ci siamo guardati e abbiamo deciso di fare comunque i 25km in macchina per cercare di recuperare i soldi della gita mancata. Una volta arrivati, Sara stava meglio e continuava a dire che lei la passeggiata voleva farla. Abbiamo parlato con la guida che ha intervistato la piccola peste e ottenuto la stessa risposta decisa. "Continuate a darle zuccheri, arriviamo al ghiaccio e vediamo come va, she'll be apples!" E con le tasche piene di caramelle siamo partiti. Dopo una camminata di mezz'ora sul costone della valle rocciosa ai piedi del ghiacciaio, siamo arrivati alla base. Sara stava decisamente bene, spiegando il mondo come al solito a chiunque le camminasse vicino nonostante il sentiero in salita. Continuando a riempirla di caramelle alla frutta, abbiamo messo i ramponi e proseguito la scalata al ghiacciaio. La guida ci ha portati in mezzo al fiume gelato, scolpendo scalini nel ghiaccio nei punti piu' difficili e raccomandandoci di seguire esattamente i suoi passi, mentre indicava crepacci bellissimi e minacciosi che si aprivano ad appena un metro dal sentiero che andava via via intagliando. La sensazione di camminare su un fiume di ghiaccio che lentamente scende a valle e' estremamente surreale, ma per quello che mi riguarda l'esperienza ha avuto un fascino ancora piu'intenso. Prima di partire avevo fatto uno di quei test di personalita' semi-seri per scoprire quale fosse lo sport estremo che piu' mi si accordava. Aspettandomi qualcosa come bungy jumping o sky diving, il risultato mi aveva lasciato perplessa: ice climbing, freddo e pericoloso. Dopo la passeggiata di oggi capisco e concordo pienamente: l'idea di dover calcolare ogni passo, di dover essere totalmente conscia dello spazio che mi circonda perche' il minimo errore potrebbe costare molto caro, ha per me un fascino incredibile. Il momento piu' bello quando siamo entrati in una grotta nel ghiaccio e percorso un tunnel dove il blu era particolarmente intenso e il solo rumore quello delle gocce d'acqua che cadevano dalla volta. Sulla via del ritorno, ricomiciato il cammino sulla terra ferma, mentre tutti gli altri cominciavano ad arrancare, Sara ormai in overdose da zuccheri saltava come una capretta di montagna da una roccia all'altra. Mentre scrivo, alle nove di sera, siamo tutti pronti per il letto e Sara continua a chiacchierare... si preannuncia una bella notte riposante!
giovedì 22 maggio 2008
Extreme Traveling
Accadono cose strane quando sei persone condividono uno spazio vitale ristretto come quello del camper per un numero di giorni. Per me una delle attrattive principali era proprio quella di giocare alla casa delle bambole, anche se il mio entusiasmo e' stato messo a dura prova ogni mattina quando io e Sara, appartenenti a quella fetta di umanita' sempre felice di svegliarsi alla luce di un nuovo giorno, ci siamo trovate a giocare con i tre orchi per i quali invece alzarsi dal letto e' una tortura giornaliera. Non ci restava che uscire a tappo e fare una doccia lunga il tempo necessario per Brendan e Giovanna di bere almeno due caffe' e per Nina di finire una scodella di cereali.
La prima doccia al campeggio di Blenheim e' stata forse quasi peggio del camper la mattina: acqua calda, ma pur sempre all'aperto con zero gradi di temperatura esterna. Per quanto provassi, non riuscivo a trovare un'imprecazione adatta, una formula che facesse da catalizzatore per il freddo che provavo. Ne' italiano ne' inglese venivano d'aiuto, nessuna sequenza di 'effing cold', 'freddo del c****', o combinazione delle due sembrava soddisfare l'esigenza. Finche' non mi sei venuto in mente tu Carlo (lo so che ci sei!), e le lezioni di sardo che nel corso degli anni hai generosamente dispensato a Brendan. Nel nostro idioma antico ho finalmente trovato quello che cercavo e ho cominciato a ridere da sola mentre nella mia testa la voce di Carlo snocciolava la frase perfetta per la circostanza cercando una mamma non proprio santa e sue componenti perse nell'infinito del mondo. Non so se fosse piu' preoccupante il fatto che ridessi da sola o che Carlo mi facesse compagnia sotto la doccia.
Dopo che Duncan ci ha lasciati, Brendan si e' trovato abbandonato in balia di quattro donne. Fin dal primo giorno lo scherzo preferito (cominciato da Duncan!), e' stato quello di salutarsi al grido di "Camp-er! Camp-er!!"= Piu' finocchio! Ma nonostante questo, mentre all'inizio Brendan si era categoricamente rifiutato di farsi vedere nel bagno degli uomini con la mia borsetta rosa di shampoo e bagnoschiuma, verso la fine dei cinque giorni non trovava la cosa piu' tanto strana. Forse rassicurato nella sua mascolinita' dal fatto che ogni volta che apra bocca con le donne locali provochi infallibilmente sorrisi ammiccanti e sfarfallamenti di ciglia "I LOOOOVE YOUR ACCENT!" tanto che ormai nessuno prova piu' a prenotare niente (soprattutto Duncan a cui invece fanno tariffe specialmente maggiorate per australiani!): "Fai la tua serenata irlandese e trovaci un posto per dormire." Funziona sempre.
Il gatto Smiss e' stato piu' volte accusato di aver appestato l'aria, ma ogni volta che veniva incolpato la risposta era sempre la stessa: "Toi meme!" Finche' a qualcuno non e' venuto in mente di chiedere a Sara, "Hai fatto una puzzetta?" "I did six!"... my little fair lady.
Con un carico di internet-addicts, trovare una connessione ogni sera era parte importante della nostra routine. Il piu' delle volte i campeggi supplivano il servizio, ma altre volte ci siamo trovati a navigare lentamente per le strade di qualche paesino innocente in cerca di una connessione aperta, l'ultima spiaggia per noi internet junkies che non esitiamo a ricorrere anche a questo espediente pur di avere la dose giornaliera. Con Brendan alla guida, io e Giovanna perlustravamo l'etere in cerca di un network. A volte ci voleva un po', ma alla fine l'annuncio arrivava sempre: "I'm in!", l'atmosfera da Mission Impossible ancora piu' accentuata da camper e beanie.
Avrebbe potuto finire in un bagno di sangue, invece ci siamo divertiti, ciascuno sorpreso di scoprire in se una tolleranza che non pensava di possedere. Come direbbero in Australia: "It's all good!"
Ascoltando: Babyshambles, There she goes
martedì 20 maggio 2008
Maruia Springs
Dopo una notte di campeggio quasi selvaggio avevamo tutti bisogno di una doccia. Ci siamo diretti verso Maruia Springs, un altro complesso di sorgenti termali nella zona, dove speravamo di fermarci per l'ultima notte. Anche qui, vista la fine della stagione, il campeggio era chiuso, ma non abbiamo perso occasione per lavarci nei bagni giapponesi e poi immeregerci ancora una volta nelle acque puzzolenti. Il complesso e' molto piu' piccolo di quello ad Hanmer Springs e con un'altra atmosfera. Alcune piscine di acqua termale si trovano all'aperto, in un giardino stile giapponese ai piedi della montagna. Altre sono invece chiuse in cabine di legno, sempre nel giardino, dove per 25NZ$ all'ora si puo' affittare una piscina per uso esclusivo. I bagni giapponesi consistono in docce dove ci si insapona e sfrega con una spazzola seduti su uno sgabello, poi ci si sciacqua prima immergersi finalmente puliti nell'acqua calda di una piscina dove, davanti a una vetrata ci si puo' rilassare contemplando la montagna, costume optional.
Visto che non c'erano altre possibilita', siamo tornati ad Hanmer Springs per l'ultima notte prima di rientrare a Christchurch il giorno dopo.
lunedì 19 maggio 2008
Nel Bel Niente
Saint Arnaud e' un paesino nel mezzo del Nelson Lake National Park dove abbiamo deciso di fermarci al ritorno, dietro consiglio di Duncan, "Non c'e' niente, ma e' un bel niente." La guida diceva: 100 abitanti, un negozio che e' anche benzinaio, ufficio postale e takeaway sulle rive del lago Rotoiti circondato dalle montagne. Ci e' diventato immediatamente simpatico e abbiamo subito deciso di includerlo nel nostro itinerario senza neanche preoccuparci di controllare che ci fosse un campeggio. Al DOC (Department of Conservation) visitor centre ci hanno detto che un campeggio c'era, appena dieci minuti fuori dal paese, ma semiaperto: hanno poi spiegato riuscendo anche a mantenere una faccia seria che siccome fa freddo, in questo periodo dell'anno non c'e' acqua calda (?!). Per una notte non e' una tragedia cosi' siamo arrivati in pochi minuti e attaccato la spina a una delle prese. Ancora una volta eravamo tra i pochi in giro, altri due campers e una tenda intorno a uno dei soliti rifugi con cucina in uno chalet senza porte, ma con acqua potabile e bollitore per il caffe'. Dopo una passeggiata in cerca di kiwis sul sentiero che costeggia il lago, abbiamo riscaldato delle pizze atroci nel microonde del camper e stappato qualche birra. Nessuna speranza di connessione internet nel 'bel niente' di Lake Rotoiti cosi' siamo usciti fuori nel buio assoluto per un po' di stargazing. Il cielo era veramente enorme, Orione a testa in giu' e la Croce del Sud cosi' vicine da sembrare di poterle toccare allungando una mano. Piu' tardi si e' alzata una tempesta di vento che ci ha tenuto compagnia tutta la notte. Con il rumore delle onde del lago e degli alberi mossi dal vento nel sottofondo ci siamo addormentati fino alla mattina dopo.
domenica 18 maggio 2008
Free Your Mind...
Tornando verso sud, poco prima di arrivare a Saint Arnaud, ci siamo fermati in una piazzola per uno dei soliti 'Safari della Signora Irene'. Sulla cima di una collina, in mezzo al niente neozelandese, inciso su un tavolo da picnic abbiamo trovato questo graffito che e' piaciuto molto a tutti quanti. Una massima che propongo non solo a chi voglia fare il giro del mondo ma anche a tutti gli altri, come generale e sana regola di vita giornaliera :-)
... Your ass will follow
sabato 17 maggio 2008
Abel Tasman National Park
A 60km a nord di Nelson si trova il Parco Nazionale di Abel Tasman, 50km di riserva naturale lungo la costa. E' una delle mete piu' frequentate dai turisti che in tutte le stagioni dell'anno affollano il parco per percorrere a piedi i sentirei che lo attraversano o costeggiare le spiagge e scogliere in kayak. A percorrerla tutta la camminata costiera ci si impiega tre giorni, fermandosi per la notte con la tenda nei rifugi vicino alle spiagge. Si tratta di strutture semiaperte a disposizione di chiunque ne abbia bisogno con acqua dolce, cucina ai minimi termini e docce.
The Book of Lies (Rough Guide), metteva in guardia contro il superaffollamento ma nella giornata che abbiamo scelto per visitare il parco non abbiamo quasi incontrato anima viva. Da Marahau abbiamo preso il servizio di Aquataxi che a orari stabiliti si frema nelle varie baie per accompagnare e riprendere i turisti della Domenica che come noi decidono di fare solo una parte del circuito intero. Abbiamo scelto il tratto che da Bark Bay arriva fino a Torrent Bay, 8km di sentiero parte in salita che attraverso la foresta collega le due spiagge costeggiando diverse lagune e attraversando il Falls River su un ponte sospeso.
"Dove sono i moschettoni di sicurezza?!"
L'unico rimpianto e' stato quello di non aver portato almeno un asciugamano, pazienza i costumi, e non essere potuti entrare in acqua!
Aspettando l'aquataxi a Torrent Bay abbiamo fatto un calcolo approssimativo dei chilometri che abbiamo percorso in hikes dall'inizio del viaggio: siamo arrivati a 75. E questo in veri e propri sentieri da trekking, senza contare passeggiate piu' corte e camminate in citta' per andare da A a B!
Nelson and around
Marlborough Sounds
E nonostante il gelo abbiamo comunque rivisto la luce. Dopo colazione, forse spaventato dal freddo, Duncan ci ha lasciati per ritornare ai 25 gradi di Sydney. Staccata la spina, il resto della carovana si e' lasciata Blenheim alle spalle senza troppa nostalgia e continuando il viaggio verso nord costeggiando i fiordi e' arrivata a Nelson dove si e' fermata per due notti. Il Nelson City Holiday Park si e' rivelato decisamente piu' confortevole del primo campeggio, con bagni chiusi anzi che all'aperto, cucina ben attrezzata, e in generale piu' verde intorno e personale piu' simpatico. Il fatto che la temperatura abbia fatto un salto di venti gradi ha ovviamente aiutato e finalmente abbiamo potuto goderci il senso di liberta' assoluta che viene con questo tipo di vita. La porta del camper sempre aperta, si socializza fuori, andando a fare la lavatrice o cucinando nella cucina comune, bevendo una birra dell'immacabile apero' (introdotto da Giovanna al suo arrivo e subito entusiasticamente adottato come tradizione), seduti ai tavoli in giardino. Col buio, in tutti i campers si intavvedeva il riflesso blu degli schermi dei computers, intorno a noi altri zingari tecnologici navigvano la rete per tenersi in contatto col mondo esterno.
A Nelson citta' abbiamo scoperto un cafe'-takeaway israeliano con le migliori falafel e humus che ciascuno di noi avesse mangiato da molto tempo (Falafel Gourmet, 196 Hardy St., Nelson). L'altra scoperta e' stata il WOW Museum, una galleria d'arte che ospita le creazioni per il festival annuale di Wellington dove si esibiscono vestiti e costumi di scena che costituiscono delle vere e proprie sculture indossabili. Oltre agli abiti il museo ospita anche una collezione di macchine d'epoca e una galleria d'arte moderna dove, presi da un impulso del momento abbiamo fatto un acquisto: un tuatara, un lucertolone da appendere al muro realizzato da Che Vincent, un artista locale. Dopo Sahnghai, Sydney e Brisbane,vedo nel nostro prossimo futuro un altro pacco partire da Christchurch...
Picton
Nelson
E nonostante il gelo abbiamo comunque rivisto la luce. Dopo colazione, forse spaventato dal freddo, Duncan ci ha lasciati per ritornare ai 25 gradi di Sydney. Staccata la spina, il resto della carovana si e' lasciata Blenheim alle spalle senza troppa nostalgia e continuando il viaggio verso nord costeggiando i fiordi e' arrivata a Nelson dove si e' fermata per due notti. Il Nelson City Holiday Park si e' rivelato decisamente piu' confortevole del primo campeggio, con bagni chiusi anzi che all'aperto, cucina ben attrezzata, e in generale piu' verde intorno e personale piu' simpatico. Il fatto che la temperatura abbia fatto un salto di venti gradi ha ovviamente aiutato e finalmente abbiamo potuto goderci il senso di liberta' assoluta che viene con questo tipo di vita. La porta del camper sempre aperta, si socializza fuori, andando a fare la lavatrice o cucinando nella cucina comune, bevendo una birra dell'immacabile apero' (introdotto da Giovanna al suo arrivo e subito entusiasticamente adottato come tradizione), seduti ai tavoli in giardino. Col buio, in tutti i campers si intavvedeva il riflesso blu degli schermi dei computers, intorno a noi altri zingari tecnologici navigvano la rete per tenersi in contatto col mondo esterno.
A Nelson citta' abbiamo scoperto un cafe'-takeaway israeliano con le migliori falafel e humus che ciascuno di noi avesse mangiato da molto tempo (Falafel Gourmet, 196 Hardy St., Nelson). L'altra scoperta e' stata il WOW Museum, una galleria d'arte che ospita le creazioni per il festival annuale di Wellington dove si esibiscono vestiti e costumi di scena che costituiscono delle vere e proprie sculture indossabili. Oltre agli abiti il museo ospita anche una collezione di macchine d'epoca e una galleria d'arte moderna dove, presi da un impulso del momento abbiamo fatto un acquisto: un tuatara, un lucertolone da appendere al muro realizzato da Che Vincent, un artista locale. Dopo Sahnghai, Sydney e Brisbane,vedo nel nostro prossimo futuro un altro pacco partire da Christchurch...
Picton
Nelson
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