Anche gli ultimi quattro giorni sono volati, come i mesi precedenti. L'ultima sera in albergo, chiudendo valige e zaini che, dopo averne eliminato uno ad Auckland, dopo il Sudamerica sono ritornati a quattro, non potevo credere che fosse l'ultima volta. Ci saranno cose di questi mesi che non mi mancheranno, fare i bagagli ogni due giorni e' una di quelle. Frasi che saro' contenta di non sentire piu' in continuazione: "Hai un fazzoletto?" "Hai una gomma?" (maledizioni di portare una borsa), "Che ore sono?" (maledizione di essere l'unica a portare un orologio), "Mamma, devo andare in bagno!" (Sara, nei momenti in cui un bagno e' impossibile da trovare).
Dopo aver fatto il pieno di carne argentina e anche provato le bistecche kobe, per l'ultima cena a Buenos Aires abbiamo scelto Sottovoce, un ristorante italiano vicino all'albergo, dove ciascuno di noi ha ordinato pasta in onore del rientro a casa.
La mattina dopo eravamo nell' aeroporto di Ezeiza, pronti per il volo di 15 ore che ci avrebbe riportati a Londra. Dopo tanti mesi di compagnie aeree sconosciute dell'emisfero sud, il rosso e blu della British Airways ci davano il benvenuto come un faro rassicurante. Passati i controlli di sicurezza e ottenuto il timbro di uscita sul passaporto, eravamo in quella terra di nessuno in cui a questo punto ci sentiamo cosi' a casa. Questa la triste verita', l'aeroporto e la sua routine sempre uguale in tutto il mondo, sono diventati cosi' familiari da essere inquietantemente confortanti.
Le 15 ore di volo sono passate in fretta, molto piu' in fretta che le 11 ore tra Auckland e Santiago con LAN. In un breve scalo a Sao Paolo, che abbiamo visto solo dall'alto, abbiamo capito di aver preso la decisione giusta fermandoci a Buenos Aires come ultima tappa.
Tra un cd e l'altro, abbiamo passato l'equatore nel buio della notte e siamo rientrati nella nostra parte del pianeta, l'emisfero nord. Anche nel mezzo di una turbolenza che faceva tremare tutto, mi sono resa conto di un'altra strana ma sacrosanta verita' degli ultimi mesi: non c'e' posto al mondo in cui mi senta piu' sicura di un 747 a 9000mt di altitudine, sopra l'oceano, protetta in uno spazio irreale, fuori dal tempo che attraversa, al sicuro da problemi e pericoli della vita reale.
Esattamente 15 ore dopo camminavamo per i corridoi dell'aeroporto di Heathrow, passando attraverso nuovi controlli biometrici di sicurezza e le ultime barriere che ci separavano dal Terminal 1, territorio di Aer Lingus, da casa.
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3 commenti:
D'accordo, prima o poi dovevate pur tornare alla vostra vita, ma la sento un po' anche io, per voi, la nostalgia per questo incredibile viaggio ormai terminato... State pur certi di aver dato coraggio a tanti che ora proveranno a cimentarsi nella stessa impresa (chissà, forse anche io, in futuro...): non è un merito da poco. Abbraccioni!
Grazie per questo commento :-)
Ti rimando al prossimo post per dettagli,ma con assoluta convinzione incoraggio te e chiunque altro ne abbia anche solo una vaga idea di farlo, e' un'esperienza che vale ben piu' di quello che costi.
brava Giulia per essere così affettuosa.Questa saggezza non l'avranno ereditata in famiglia,ma la curiosità per la vita e per il mondo sì!Molti geni li avete in comune!coraggio dunque!Un abbraccio. Livia
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